giovedì 31 gennaio 2008

Fine del mondo: a ciascuno la sua

Corriere della sera, giovedi, 14 gennaio 1999
MILLENNIO. Giuseppe Conte rivisita in un saggio tutte le dei miti e delle religioni. Comprese le angosce del '900 che tramonta
Fine del mondo: a ciascuno la sua

Il libro: di Giuseppe Conte, ed. Rizzoli, lire 30.000, pag. 290.
Cesare Medail

Mentre si chiude il millennio, è fatale che si parli di finimondo, cioè della fine dei tempi: guerra, morte ecologica, asteroidi impazziti. L'angoscia della fine, però, è vecchia come il mondo poiché l'idea di precarietà individuale e cosmica ci acc ompagna da sempre, come spiega Giuseppe Conte nel libro Il sonno degli dei, dove lo scrittore-poeta rivisita, come in un romanzo, i miti della fine in relazione alle ansie del presente. Gli uomini hanno sempre creduto nel finimondo, ma in modi dive rsi. Gli Aztechi e i Maya, per esempio, ma anche la Germania nazista e il Giappone imperiale, più che da fratture cosmiche furono ossessionati dalla fine storica della loro stirpe. La fissazione di Aztechi e Maya per i vaticini catastrofici finì per favorire la rovina del loro mondo: e i conquistatori furono contrastati con sacrifici umani agli dei più che con le armi. Saltando al '900, la stessa parabola di Hitler è coerente con la mitologia germanica pervasa di nichilismo. Un vero «crepuscol o degli dei» fu allestito, nel Bunker di Berlino, con tutti i simboli delle apocalissi germaniche: il lupo (il Führer si faceva chiamare Herr Wolf), i «cuori di ghiaccio» e il fuoco distruttore. Un'altra apocalisse storica travolse il Giappone: per i sudditi di Hiro Hito la fine dei tempi non fu tanto segnata da Hiroshima quanto dalla richiesta di Mc Arthur all'imperatore di sconfessare la propria origine divina. Fu come svuotare di senso una cultura millenaria: e fu un'apocalisse di suicidi. Per altre culture, invece, il finimondo coinvolge la terra o l'universo, secondo due diverse concezioni del tempo. La prima è ciclica, legata alle stagioni, al volgere dei pianeti, ai rituali di rinascita che troviamo nell'animismo, nel politeismo gr eco, nel taoismo e tra gli indù: è un succedersi perenne di immani tramonti e cosmiche albe, intercalati dal sonno di un dio come Brahama che sogna universi che si estinguono per rinascere al suo risveglio. La concezione lineare del tempo, invece, sorta nella Persia di Zoroastro, domina la tradizione giudaico-cristiana e islamica. C'è un inizio e una conclusione, una storia al culmine della quale il Bene avrà la meglio sul Male; poi sarà la fine dei tempi, la resurrezione e il giudizio dove sa ranno pesate le azioni buone e quelle malvage, nell'Avesta come nella Bibbia o nel Corano. Tempo ciclico e tempo lineare creano dunque differenti scenari, ma non completamente poiché gli stessi Vangeli parlano di «nuovi cieli e nuova terra» dopo la fine, come fu dopo i diluvi presenti in ogni mito. Quasi tutte le tradizioni, poi, cicliche o lineari, contemplano l'avvento di esseri divini, dagli avatara indù a Zoroastro, da Cristo al XII Imam degli sciiti, per fronteggiare il Male. Ed è curio so notare come, all'estremo cimento, siano spesso convocate figure di varia origine. La tradizione celtica designa il redivivo Artù, Barbarossa, san Luigi di Francia e il XII Imam degli sciiti a sconfiggere Doirche, il Druida Nero o Anticristo; mentr e gli sciiti schierano Gesù e i profeti biblici accanto allo stesso XII Imam per battere l'orda di Satana. Peccato che una siffatta, ecumenica legione, così ricorrente tra i profeti, non dissolva i presenti veleni integralisti. Sulla terra, intanto , annota Conte a conclusione del suo giro per i cieli, si avverte l'alito dei quattro cavalieri dell'Apocalisse: bomba demografica, inquinamento, sindrome del lemming (suicidio di massa), guerra mondiale. Per la prima volta nella storia, la fine dei tempi è nelle nostre mani: ed è forse già in atto uno scontro, un Armageddon sotterraneo tra chi agisce in nome dell'egoismo, del potere, della violenza, e chi crede stia finendo il mondo dominato dal materialismo, dall'utilitarismo, in vista magari di una religiosità rinnovata. Il cardinale Suenens ha detto che la prossima religione sarà una religione cosmica. Intanto, in Arizona, gli indiani Hopi dicono che l'umanità sta vivendo il suo quarto mondo dopo la distruzione dei primi tre, ma che sta volta la fine dipenderà da come tratteremo noi stessi e il pianeta. Negli altipiani dove vivono in pace da 700 anni, pregano per questo: un anticipo di religione cosmica, con ampia facoltà di libero arbitrio.