domenica 20 gennaio 2008

Apollo con il coltello in mano. Un approccio sperimentale al politeismo greco

Marcel Detienne
Apollo con il coltello in mano. Un approccio sperimentale al politeismo greco.
Adelphi, 2002

Nota di copertina

Secondo un perentorio asserto di Winckelmann, la rappresentazione di Apollo "esige lo stile più elevato: un innalzamento al di sopra di tutto ciò che è umano". E questa canonizzazione di Apollo - dio della luce, della ragione e della purezza - trova certo illustri riscontri in numerose opere dell'antichità classica ed ellenistica: a cominciare dalle "Odi" di Pindaro, per continuare con i "Dialoghi" di Platone, fino agli "Inni" di Callimaco. Tuttavia, dietro il volto luminoso e rassicurante si nascondono la lama insanguinata di un coltello, l'impurità della malattia e la dissoluzione della morte. Le tracce sono semicancellate dal tempo, ma si scorgono ancora: innanzitutto nei riti e nelle pratiche religiose. Ma anche nella letteratura: dai poemi di Omero fino all'"Orestea" di Eschilo, ecco apparire un altro Apollo, latore implacabile di pestilenze e di lutti, avido di stragi, compiaciuto dei suoi altari cruenti, impastati di cenere, sangue e umori.