martedì 11 marzo 2008

Caso Mortara: dopo 150 anni esce il memoriale del protagonista

Corriere della Sera, 13/06/2005

Caso Mortara: dopo 150 anni esce il memoriale del protagonista
INEDITO Battezzato di nascosto, venne sottratto ai genitori ebrei:

Messori, dove e come ha ritrovato l'autobiografia di Edgardo Mortara? «Padre Mortara la scrisse nel 1888, a 37 anni, in spagnolo, visto che allora predicava nei Paesi Baschi. Se ne fece (forse, ma non è certo) un opuscolo che non sappiamo quale diffusione abbia avuto all’epoca in Spagna ma che, a quanto consta, non fu tradotto in altre lingue né risulta in alcuna bibliografia. Che padre Mortara abbia condotto una vita devota sino alla morte, a quasi 90 anni, e proclamato e difeso sempre la santità del suo padre spirituale Pio IX, era noto. Ma questo suo memoriale si può considerare inedito. Il testo ricostruisce il caso del bambino ebreo bolognese, dal battesimo furtivo da parte di una domestica nel 1852, al trasporto a Roma per ordine di Pio IX nel 1858, all'ordinazione sacerdotale del 1873 a Poitiers, in Francia. E' custodito nell'archivio romano dei Canonici Regolari Lateranensi, presso la chiesa di San Pietro in Vincoli. Ma nessuno dei saggisti che si sono occupati di Mortara ha mai ritenuto di dover consultare questa autobiografia, scritta in terza persona dal protagonista stesso». Perché? «Perché del Mortara "vero", non quello dello strumento polemico, non è mai importato molto a nessuno. Da subito, la sua vicenda fu utilizzata. Da Cavour, che ne fece uno straordinario mezzo di propaganda contro lo Stato pontificio: senza il caso Mortara, che mise in difficoltà i cattolici francesi, Napoleone III non avrebbe potuto stringere gli accordi di Plombières e scatenare la guerra contro l'Austria. Dalle logge massoniche. E dalla comunità israelitica internazionale. Come il caso Dreyfus fu un propellente decisivo per il sionismo (e infatti Herzl se ne rallegrò), che altrimenti sarebbe rimasto una delle tante utopie ebraiche, così il caso Mortara fu alle origini della formazione dell'«Alliance Israélite Universelle», la prima organizzazione ebraica di autodifesa in una prospettiva mondiale, e poi dell'influente Board of American Israelites». Queste sue affermazioni desteranno polemiche. «Non sono io a farle. E' lo stesso responsabile della comunità ebraica romana dell'Ottocento, Sabatino Scazzocchio, a lagnarsi delle incursioni di estranei, compresi potenti rappresentanti dell'ebraismo mondiale, senza cui il caso si poteva risolvere. E' la politica, dice, non il bambino che interessa. Scazzocchio lo scrive al padre, Samuele Levi Mortara detto Momolo, in una lettera in cui loda "l'indole benigna e caritatevole di chi siede in alto". Cioè di Pio IX». Lei stesso, nella lunga introduzione che precede il memoriale, ricorda che alla metà dell'Ottocento Roma è l'unica città occidentale ad avere ancora un ghetto. «Però gli ebrei, pur liberi di farlo, non se ne vanno. E' singolare: negli anni in cui fuggono a navi intere dall'Europa orientale verso l'America, gli ebrei restano a Roma. Rifiutano di appoggiare la Repubblica mazziniana, e al ritorno di Pio IX vanno a rendergli omaggio. Quanto all'"indole benigna e caritatevole" di quel Papa diffamato, nel memoriale Mortara fa una rivelazione: Pio IX aveva deciso di crescerlo in un istituto bolognese, dove la famiglia avrebbe potuto visitarlo regolarmente; dopodiché, verso i diciassette anni, avrebbe deciso se proseguire sulla via del cristianesimo o tornare alla religione dei padri. Fu la resistenza dei suoi, sobillati da altri, a cominciare dal medico di famiglia massone, a costringere il Papa a condurre il piccolo Mortara a Roma. Dove lo accolse e lo amò sempre come un figlio». Un figlio di soli sette anni. Le pagine dove racconta l'allontanamento dalla famiglia sono tragiche: la disperazione della madre, l'ira del padre, il suo sbigottimento infantile. Alla guardia chiede: «E ora mi taglierete la testa?» . «E' vero. Fu un dramma. E' anche vero che i funzionari pontifici presero accorgimenti per rendere il distacco il meno traumatico possibile. Ma è lo stesso Mortara a raccontarci come subito dopo la separazione della famiglia fu una misteriosa quiete, anzi gioia, a impadronirsi di lui; e come le prime parole della dottrina cattolica gli parvero familiari, al punto che se ne impadronì sin da subito. Un fenomeno in cui Mortara addita un disegno provvidenziale. Quando, dopo Porta Pia, arrivarono i piemontesi, fuggì all'estero per non farsi "liberare" dal seminario in cui volontariamente era entrato». Messori, il caso Mortara è una ferita ancora aperta. Gli ebrei italiani protestarono quando Wojtyla beatificò Pio IX. E' possibile sostenere che il Pontefice non potesse comportarsi diversamente con quel bambino? «Del caso Mortara, Pio IX avrebbe fatto volentieri a meno. Gliene vennero accuse, calunnie, dolori immensi; non a caso lo definì "il figlio delle lacrime". Subì pressioni di ogni tipo; anche da James Rothschild, finanziatore di tutti i governi d'Europa, compreso quello pontificio. Ma sempre il Papa rispose: Non possumus . Perché non aveva scelta; sia per il diritto civile, sia per il diritto canonico». Che cosa c'entra il diritto civile? «I Mortara avevano violato la legge dello Stato pontificio che imponeva agli ebrei di non tenere a servizio cristiani; e questo, proprio per evitare casi analoghi». Proprio per questo? «Fin dal Medioevo i Papi proibivano con norme severissime il battesimo di figli di genitori non cattolici; a meno che il bambino non fosse in pericolo di vita. E il piccolo Edgardo Mortara lo era. Per questo il battesimo impartitogli dalla domestica fu un atto non solo valido, per un cattolico, ma legittimo. Il diritto canonico non lascia alternative: il battesimo introduce un mutamento irrevocabile, impone di dare al battezzato un'educazione cattolica. Ancora oggi, dopo il Vaticano II, il nuovo codice canonico non innova al riguardo». Sta dicendo che il caso Mortara potrebbe ripetersi ancora oggi? «In punto di fatto, un nuovo caso Mortara oggi non è concepibile; e sono il primo a rallegrarmene. In punto di diritto, nel suo minuscolo Stato il Papa non potrebbe fare nulla di diverso da quel che fece Pio IX». In ogni caso, questo riguarda i cattolici. Per gli ebrei, Mortara resta comunque un figlio sottratto alla famiglia. «Sono consapevole, lo ripeto, che il caso Mortara fu un dramma. Lo riconobbi fin da quando me ne occupai per la prima volta, anni fa. Ma sostenni pure che Dio seppe scrivere dritto su righe storte. Ora le parole stesse del protagonista, rimaste inascoltate per un secolo e mezzo, lo confermano. Quanto alla malattia nervosa che fece penare a lungo questo sacerdote, potrebbe trattarsi di un male ereditario, di cui soffrivano altri membri della sua famiglia, compreso il padre, Momolo; come rivelò il processo intentatogli dopo l'Unità per l'omicidio di un'altra domestica, in cui alla fine, in appello, fu assolto». Messori, ci sono altri passi della sua introduzione che accenderanno polemiche. Come quando racconta che l'«Alliance Israélite Universelle» promise 20 mila franchi a chi avesse organizzato un'incursione armata a Roma per liberare il bambino e lo definisce «quasi una prefigurazione degli "omicidi mirati" dell'esercito israeliano». «Queste non sono opinioni; sono fatti. E i fatti, per restare in Francia, sono têtus , testardi. Quanto a eventuali sospetti: so bene che è esistito, purtroppo, un antigiudaismo cristiano. Ma su base religiosa; non razziale. L'antisemitismo nasce dopo il darwinismo, con il positivismo ateo, ed è messo in pratica dal nazismo. Non a caso l'ebreo Mortara è accolto dal Papa come un figlio e fu sempre un beniamino della Chiesa; ma, se non fosse morto in Belgio nel 1940, alla vigilia dell'invasione tedesca, sarebbe finito nei lager, come un'altra grande ebrea convertita, santa Edith Stein».