martedì 24 marzo 2020

Entità Fatate della Padania - Ovvero trattato dei Draghi, Fate, Folletti e di altre strane creature

Alberta Dalbosco e Carla Brughi
Entità Fatate della Padania - Ovvero trattato dei Draghi, Fate, Folletti e di altre strane creature che possono apparire in questa terra, dei loro usi e costumi e di alcune loro gesta ed imprese
Milano: Edizioni della Terra di Mezzo, 1993 248 pagine, Lit.35.000

Nella edizione originale del diffusissimo divertente libro sugli gnomi di Wil Huygen e Rien Poortvliet, la cartina della diffusione europea delle simpatiche creature le dava per presenti nella penisola solo attorno al Monte Bianco e in alcune valli del Tirolo meridionale. Nella edizione italiana essi erano invece segnalati un po’ dappertutto, ivi comprese alcune lontane isole mediterranee. Se la seconda versione era dettata da evidenti ragioni commerciali, la prima risentiva di un luogo comune assai diffuso all’estero ma generato in Italia e secondo il quale la romanizzazione prima e la cristianizzazione dopo avrebbero completamente ripulito tutta la penisola da ogni traccia di culture preesistenti e di tutti i loro corollari di presenze fantastiche. Il “piccolo popolo” ed ogni altra entità fatata, panteistica o di sacralizzazione della natura avrebbero cioè abbandonato le nostre terre cacciati dal cristianesimo, dall’illuminismo e dal positivismo. 
La ricchezza della mitologia tradizionale e della cultura dell’immaginario popolare europeo si sarebbe ridotta a sole fiabe moraleggianti o a storie “alla De Amicis”, edificanti, melense e patriottiche.
 Il piccolo popolo non ha mai veramente abbandonato queste terre. 
 Lo dimostra questo libro. Il tono semiserio del lungo sottotitolo non rende giustizia a questo interessante e divertente lavoro di due appassionate studiose di cultura padana. In realtà esso è qualcosa di più di una affascinante lettura, è uno studio serio di “catalogazione” delle entità presenti nella tradizione e nell’immaginario popolare delle varie contrade padane. Ne risulta un elenco molto lungo e minuzioso di creature dai nomi bizzarri e dalle abitudini stravaganti, ne risulta un panorama estremamente variegato che tocca tutte le parti della terra compresa fra le Alpi e gli Appennini. Anche al di sotto dell’apparente leggerezza della narrazione, traspaiono il preciso raccordo e la derivazione dalla mitologia più “seria”, di cui queste creature sono la deformazione o la trasformazione popolare sopravvissuta a secoli (ormai millenni) di tentativi - sistematici e non - di cancellazione, di demonizzazione o di scherno. Certo esse dimostrano una forza di persistenza incredibile, sopravvissute ali eserciti di preti, esorcisti, predicatori e missionari che ne hanno distrutto i luoghi di culto, ne hanno ridicolizzato o colpevolizzato le immagini e perseguitato i credenti. 
Grandi foreste sono state tagliate, pietre sacre ridotte a davanzali, montagne risacralizzate, fiumi cementati e un intero habitat (fisico prima ancora che culturale) è stato massacrato ma queste creature - evidentemente dotate di una forza incredibile - resistono nei più lontani recessi del territorio e delle menti degli uomini. La loro forza stà proprio nel legame con la natura e con la cultura popolare. Esse sono emanazione della natura, parte di essa ed esse riacquistano inevitabilmente vigore con la rinascita dell’amore e del rispetto per la natura. Esse sono i suoi primi e veri difensori, gli ecologisti più autentici. Gli esseri fatati proteggono la natura e puniscono gli uomini quando la trattano male:  nani,uomini selvatici, gigiatt e servanot sono amici dell’uomo quando questi lo è della natura e - in caso contrario - gli organizzano dispetti tremendi. Essi sono emanazione delle più profonde radici culturali dei nostri popoli e non è un caso che somiglino tanto ai loro omologhi e parenti d’oltralpe. Il loro riconoscimento (nel senso di “conoscere di nuovo”), il loro ritorno di famigliarità costituisce un altro tassello della ricostruzione dell’identità di una terra oppressa anche nella dimensione fantastica da satiri mediterranei, topi americani e da puffi televisivi. Ancora una volta ritiratisi sui  monti più alti e nelle vallate più lontane, i nostri si sono salvati ed ora scendono a valle a ripopolare il paese. Il loro ritorno è il nostro ritorno alle origini ed alla cultura dei padri, la loro libertà è la nostra. Anzi la loro stessa vitale esistenza costituisce per noi una bandiera di libertà ed uno sprone: questo paese non morrà mai finchè anche il suo piccolo popolo vivrà. Questa è anche la battaglia dei guriuz, dei mazapegul e di tutte le antre entità fatate che popolano (e rendono ancora più sacra) la nostra terra.