giovedì 7 febbraio 2008

LA QUERCIA SACRA FA FELICE CONTE

La Stampa, Tuttolibri, 06-01-1996, pag.2
BARBERI SQUAROTTI GIORGIO
LA QUERCIA SACRA FA FELICE CONTE
Un prefetto romano scopre la magia druidica

CON molta tenacia e con vivo impegno Giuseppe Conte continua a perseguire il genere romanzesco, lui che e' per natura e vocazione soprattutto un poeta in versi: e cosi' ha tentato il romanzo lirico e contemplativo e quello di compatta e tradizionale struttura con, dentro, storia e societa' secondo le originarie regole del genere. Ora, con L'im pero e l'incanto, sperimenta forme e strutture ancora diverse, mescolando la storia (quella del tardo impero romano dopo Costantino e l'avvento del cristianesimo) e invenzione magica e fantastica, con un risultato che e' alternamente suasivo e contraddittorio. Il protagonista e' un funzionario imperiale, Adamo di Genova, di famiglia tradizionalmente inserita nell'apparato burocratico dello Stato, rimasto pagano, ma con molta prudenza, in tempi di intollerante diffusione del cristianesimo. Genovese vive un'esistenza quieta nella sua citta', dopo che ha abbandonato la passione della giovinezza, le corse dei carri nel circo. Quando muore il padre, si trova abbastanza ricco e con la nomina a prefetto di Burdigala, in Aquitania, citta' lontana si', quasi sull'Atlantico, ma con la suggestione del luogo del tutto diverso da conoscere, del viaggio avventuroso, dei nuovi paesaggi da contemplare. Il viaggio esattamente programmato finisce quasi subito in una tempesta nel mare Ligure, la nave affonda, e soltanto il protagonista si salva fortunosamente, gettato dal mare sulla spiaggia di Antipolis (Antibes). E qui iniziano le esperienze alquanto spiacevoli del naufrago, che ha salvato i denari, ma sprovvedutamente lascia intendere all'oste dove va ad alloggiare di essere ricco, e cosi' viene prima pelato con un conto molto salato, poi assalito per la via, salvandosi soltanto per la prontezza di spirito di buttare per terra parte delle monete, onde il rapinatore si getta a raccoglierle, e sopraggiungono altri viaggiatori che lo mettono in fuga. Qui l'avventura ha un brusco cambiamento di indirizzo. Il prefetto designato si stacca dalla strada verso Occidente e si volge verso il Nord, perche' ha sentito parlare di montagne coperte di boschi dove i romani non sono mai penetrati e dove, forse, durano ancora i riti druidici degli antichi Celti. La magia ha sempre interessato Adamo: ed ecco che subito e' accontentato nella sua curiosita' di conosscere e sperimentare una religione alternativa in gran parte anche rispetto al suo PAGANESIMO, fra rocce, alberi, torrenti, sorgenti, con vecchi artigiani e i pochi guerrieri rimasti a Re Cigno, e una misteriosa ragazza, Azenor, che si scopre appartenere al popolo di sotterra, misterioso e inavvicinabile nelle sue abitazioni e nei suoi costumi. Adamo da Genova conosce un contatto con la natura assoluto, primordiale, esaltante. Viene iniziato al culto druidico, avverte la felicita' spontanea e assoluta, senza complicazioni intellettuali e morali, inondarlo mentre siede sotto la quercia sacra o incontra Azenor (che scompare non appena fa buio); e ha anche la rivelazione del Popolo di Sotto, cioe' di un'altra dimensione della realta' e della vita, che si apre oltre il mondo dei propri sensi. I luoghi hanno nomi poetici, la capacita' visionaria di Adamo si acuisce, apprende altri miti, altri dei, altre narrazioni favolose ed esemplari; ma tale ritorno all'indietro e nella primitivita' dei riti naturali si spezza di colpo quando arrivano i Romani accompagnati da un vescovo, che in breve hanno ragione dei guerrieri di Re Cigno e degli altri Celti. Adamo scampa, e si ritrova di colpo lungo un'autostrada, nei tempi attuali; e con ironia e distacco si adatta ai costumi moderni, conservando, pero', la nostalgia per l'esperienza dei boschi primordiali, delle loro magie, di Azenor. Il romanzo e' scritto con due toni molto diversi. C'e', da un lato, il ritratto di Adamo funzionario imperiale col racconto delle sue vicende condotto con un tono lieve, ilare, autoironico, e con la grandiosa pagina della navigazione, della tempesta e del naufragio, e c'e' la parte dedicata ai druidi, ai boschi, al culto degli dei della natura, alle presenze fantastiche, ai sogni che sottraggono chi li sogna alle costrizioni dello spazio e del tempo per lasciarlo padrone di una liberta' infinita di esperienze, che si prolungano nel passato, ma rendono anche capace Adamo di continuare a vivere, dopo, nel futuro. La sezione che arieggia il romanzo storico, pur sapientemente prendendone le distanze con l'ironia, e godendo delle argute trovate intorno allo scontro fra i vecchi culti pagani e il cristianesimo trionfante, e' decisamente la migliore. Invece, convince di meno la celebrazione degli antichi culti celti, della vita magica nei boschi e a contatto con la natura, del mondo di presenze magiche e misteriose che popola il luogo isolato e ancora intatto dalla ragione e dalla scienza. Che si tratti di un'utopia di felicita' e' piu' volte detto, ma non viene fuori dalla narrazione. E' una presa di posizione assoluta, e basta. E, inoltre, c'e' troppa volonta' di fare nei nomi dei luoghi e delle stagioni e nell'evocazione di leggende, c'e' troppa idealizzazione astratta. E' vero che il genere puramente fantastico a me e' sempre sembrato minore, intrinsecamente incapace di grandi risultati: se si vuole caricarlo di alte responsabilita' concettuali e religiose, allora e' necessario lasciarne da parte gli orpelli per l'intrattenimento, e giocare qualche carta di piu' elevato valore di pensiero, come fece il Leopardi nella celebrazione delle del mondo pagano.
Giorgio Barberi Squarotti

Giuseppe Conte
L'impero e l'incanto
Rizzoli