sabato 11 aprile 2009

L’autore del «Trattato di ateologia» presenta il nuovo manifesto edonista, «La potenza di esistere»,

Corriere della Sera 9.4.09
L’autore del «Trattato di ateologia» presenta il nuovo manifesto edonista, «La potenza di esistere», e corregge Sartre
Addio matrimonio cristiano Liberi, ma con discrezione
Il filosofo Michel Onfray: mai spiare gli sms
di Stefano Montefiori

La potenza di esistere è un libro ambi­zioso: «Nulla da temere dalla morte. L’es­senziale consiste nel non morire già in vi­ta».

CAEN — Nei camerini del teatro di Ca­en, poco prima della lezione gratuita su Nietzsche seguita da oltre mille persone, il filosofo Michel Onfray offre qualche ri­petizione sul corretto uso del telefonino: «Mai spiare i messaggi ricevuti dalla pro­pria compagna o controllare il registro delle chiamate: chi cerca trova, e non è detto sia un bene». La buona educazione e la discrezione sono virtù fondamentali per chi voglia praticare il manifesto edoni­sta stilato da Onfray in La potenza di esi­stere (Ponte alle Grazie, traduzione di Gregorio De Paola, pagine 203, e 15), quintes­senza delle sue 50 opere da oggi nelle li­brerie. Un saggio che alterna paragrafi in­titolati «hapax esistenziale» o «episteme ebraico-cristiana» a frasi più concreta­mente dedicate agli amori terreni e alle trappole della gelosia.
Questa apparente miscela di Lucrezio, Spinoza e Cosmopolitan è valsa a Onfray il sussiego quando non l’odio di molta cri­tica, e un successo popolare straordinario in tutto il mondo. Anche in Italia il Tratta­to di ateologia ha goduto di un seguito non certo di nicchia, sull’onda di un riflus­so anticlericale che trova il suo altro eroe internazionale nell’inglese Richard Dawkins («non mi piace, troppo rozzo»). «Nel Trattato di ateologia ho parlato di Dio come finzione purtroppo tuttora ne­cessaria per molti uomini — spiega On­fray — e ho contestato tutte le religioni.
La potenza di esistere è invece la pars con­struens, la mia proposta per vivere in mo­do consapevole, etico, gioioso».
Onfray teorizza la necessità di una filo­sofia pragmatica che dimostri il suo valo­re nel suo essere applicabile nella vita di tutti i giorni, in coda dal fornaio o viag­giando in treno. Per questo, e per le sue folgoranti apparizioni televisive (dove con rapida parlantina ha maltrattato av­versari di peso, da Jacques Attali a Philip­pe Sollers), i detrattori lo hanno definito «filosofo da supermercato». Disistima del tutto ricambiata. Come il divulgatore britannico Julian Baggini, Onfray detesta l’elitarismo e la filosofia accademica: «Io sono fuori dal mondo, continuo a vivere qui in Normandia, con i miei allievi del­l’Università popolare di Caen da me fonda­ta; non vengo mai invitato nei salotti pari­gini e ne sono felice. Detesto i filosofi di professione, quelli che si riempiono la bocca di metafisica dal lunedì al venerdì e dalle 9 alle 5».
In realtà, a giudicare da almeno un pa­io di copertine (Lire e Nouvel Observateur), dalla presenza su radio e tv e dalla celebre lunga intervista a Nicolas Sarkozy pochi mesi prima dell’elezione all’Eliseo, Michel Onfray è più una star che un outsi­der. E questa non è l’unica contraddizio­ne del personaggio. Nella copertina della Potenza di esistere appare vestito di nero, aria grave. Onfray sorride con parsimo­nia. Non che debba per forza mostrarsi con belle donne bevendo champagne, ma il suo sarebbe pur sempre un «manifesto edonista».
Però è dal dolore che bisogna partire, purtroppo. La prefazione è il racconto dello spaventoso periodo trascorso in un orfanotrofio dei salesiani, dai 10 ai 14 anni, abbandonato dalla madre stanca di picchiarlo dopo essere stata a sua volta maltrattata dai genitori. Sono 30 pagine tragi­che e commoventi, dominate dal sadismo dei preti, e concluse da parole di perdono verso la madre: «Si diventa davvero mag­giorenni rivolgendo, a coloro che ci han­no aizzato contro i cani senza sapere quel che facevano, il gesto di pace necessario a una vita che superi il risentimento. La ma­gnanimità è una virtù da adulti». La dedi­ca del libro è «A mia madre ritrovata».
Un uomo capace di superare una simi­le adolescenza e un infarto grave patito a 28 anni ha forse qualche dote di resilien­za da offrire ai suoi simili. E se non ci si lascia contagiare dal virus della supponen­za verso qualcuno giudicato troppo letto per essere un vero filosofo, il resto del li­bro è un interessante percorso di rifiuto della tradizione filosofica idealista, del mi­to giudaico-cristiano della nobiltà della sofferenza, verso un «erotismo solare» e una «bioetica prometeica». «Bisogna pra­ticare una sorta di aritmetica del piacere, abituarsi a calcolarlo per sé e per gli altri — spiega Onfray —. Per l’uomo della stra­da, l’utilitarismo indica il comportamen­to di chi è interessato, incapace di genero­sità e gratuità. Siamo agli antipodi del pensiero di Jeremy Bentham e di John Stuart Mill, per i quali il principio di utili­tà significa “maggiore felicità per il mag­gior numero”».
In tempi di ridefinizione dei rapporti di coppia, e di prevalenza del divorzio, On­fray auspica la leggerezza, la consapevo­­lezza, il contratto tra due persone che ridi­scutono continuamente i termini del loro accordo — per una sera, per una vacanza, per la vita, per il desiderio, l’amore o il ses­so. Senza inganni. «Il matrimonio traman­dato da duemila anni di cristianesimo, fat­to di promesse vane, di Principi Azzurri e donne ideali, è una macchina produttrice di ipocrisia e infelicità».
Un nuovo cantore dell’Amore liquido post-moderno, effimero e consumista, già definito e criticato da Zygmunt Bau­man? «No, condivido la critica al consumi­smo relazionale, al nichilismo del sesso — risponde Onfray —. Penso che il sesso triste sia un prodotto del cristianesimo, come lo sono del resto Sade e Bataille, la faccia libertina di una medaglia che esibi­sce sull’altro lato la figura del santo. I sen­timenti duraturi sono una conquista fati­cosa, da raggiungere in due, con una spe­cie di dieta erotica da seguire in coppia, senza necessariamente mortificarsi, in piena libertà». Coerentemente con le pre­messe di filosofia pragmatica e vissuta in prima persona, Onfray spiega di vivere da otto anni con una compagna, senza vinco­li di fedeltà. E qui rispunta l’etica del tele­fonino. «La lezione di Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir è che l’idea di raccon­tarsi tutto nel dettaglio, di essere onesti fino alla crudeltà, non funziona. Sartre e Beauvoir tenevano a informarsi degli or­gasmi avuti con altri partner, ma poi ne soffrivano immensamente. Dobbiamo ri­cordarci che siamo pur sempre dei mam­miferi, che siamo preda della gelosia».