domenica 22 giugno 2008

Visioni del cosmo. Una rivoluzione naturale

Il Sole 24 Ore Domenica 22.6.08
Visioni del cosmo. Una rivoluzione naturale
Tullio Gregory ricostruisce le elaborazioni filosofiche sul concetto di «natura» nell'Alto Medioevo. Una corrente di pensiero che sarà in crisi nel Seicento con la «caduta del sacro»
di Michele Ciliberto

Speculum naturale si intitola, suggestivamente, questo libro: e va detto che nel titolo esso tematizza con efficacia il nodo di problemi sui quali Tullio Gregory si concentra, svolgendo il filo di una riflessione assai compatta e organica. Quello che gli interessa, in questo volume, è analizzare anzitutto la "rivoluzione scientifica" (è una sua espressione) che si compie tra XII e XIII secolo in Occidente proprio intorno alla concezione della natura, con un netto - e progressivo - distanziamento dalle concezioni di carattere simbolico e allegorico elaborate, sulla scia della patristica, nei secoli dell'Alto medioevo (e a questo proposito Gregory scrive pagine assai efficaci sul tema del "libro" e sul suo complesso - e interessantissimo - modificarsi).
Indicando con precisione la connessione di questo nuovo approccio con fenomeni di ampia portata di ordine sociale ed economico, il volume mostra con acutezza l'emergere e l'imporsi di una nuova concezione della natura - strettamente connessa alla traduzione dei testi di Aristotele e degli arabi che durerà, come egli sottolinea più volte, fino al XVI e XVII secolo, quando essa sarà messa defmitivamente in crisi. È con una lunga spanna della storia del pensiero europeo che questo libro dunque si concentra, con una serie di osservazioni assai fini, tra le quali spiccano quelle sul significato assunto, lungo quei secoli, dall'astrologia nella concezione della natura, dell'uomo e della storia. Credo che sia qui uno dei contributi più importanti del volume. Gregory non si limita, infatti, a sottolineare il peso decisivo delle Meteore aristoteliche ma mostra l'effetto del «generale presupposto della causalità celeste» su ogni piano della realtà, compresa naturalmente la riflessione teologica: «i modi della creazione e gli scenari escatologici, la provvidenza e la libertà umana, la dottrina della conoscenza naturale e profetica, il problema dei temperamenti delle inclinazioni e delle passioni umane, la riflessione sulla storia, sulla successione degli imperi e delle religioni, l'attesa escatologica della Riforma della Chiesa e del trionfo della cristianità alla fine del tempo». L'astrologia - ribadisce Gregory più volte - in questo mondo si configura come una vera e propria "ermeneutica storica", che dà conto di tutti gli aspetti della realtà, sia nel suo corso ordinario che nei momenti di crisi e di trasformazione radicale illuminati, questi ultimi, attraverso la teoria delle "grandi congiunzioni" con cui vengono spiegate nascita e morte delle grandi religioni - da quella ebraica a quella pagana fino a quella cristiana. È una "fonte" significativa, ed è importante averla individuata: Gregory, però - e questo è uno dei punti più interessanti suo lavoro - si preoccupa di illustrare come queste concezioni intrise di necessitarismo si siano variamente, e fecondarnente, intrecciate con posizioni proprie della tradizione cristiana le quali rischiavano di affievolirsi fino a sparire alla luce della nuova concezione dei cieli, e del rapporto tra cieli, tempo e storia. Un solo esempio: secondo Albumasar dopo il cristianesimo (corrispondente alla lex mercurialis), sarebbe sopravvenuta una nuova, e ultima lex, la lex lunae, la quale «significat dubitationem ... ac expoliationem a fide»; ma è proprio questo schema che Ruggero Bacone corregge inserende la figura dell'Anticristo recuperando, da un lato, la "tensione escatologica" e impedendo dall'altro, «la riproposizione della eterna clicità degli eventi, dottrina che pur circolava nel secolo XIII negli ambienti del più rigoroso aristotelismo, come attestano Sigieri di Brabante e la condanna del 1277».
Sono battute del saggio I cieli, il tempo storia, uno dei più belli del volume, nel quale spiccano anche i contributi sullo Spazio come geografia del sacro, sulla Fenomenologia del cadavere e sui rapporti tra Cosmologia biblica e cosmologia cristiana - oltre a quello su Nani sulle spalle di giganti - veramente notevole per erudizione e sapienza espositiva, sulle traduzioni e sul ritorno degli antichi nel Medioevo latino. Sono tutti lavori che mirano a delineare in modi nuovi i «percorsi del pensiero medievale», come recita il sottotitolo del volume. Gregory si sofferma però anche su due altri temi importanti: il rapporto tra pensiero medievale e modernità e la storiografia filosofica sul medioevo tra ottocento e novecento. Sul primo punto è netto: la modernità non si identifica con un processo di secolarizzazione, ma con una "caduta del sacro", a tutti i livelli: dalla concezione dell'uomo (sottratto a ogni forma di primato) a quella della religione (ridotta a impostura), dalla visione della società (colta attraverso lo specchio degli spiriti animali) alla funzione dell'Europa (messa in crisi dalla scoperta del Nuovo mondo e dall'esperienza del "diverso"), fino alla interpretazione dello stesso testo sacro (criticato alla luce della filologia umanistica). Sul secondo tema è altrettanto chiaro: non si può parlare di filosofia medievale, ma di molte filosofie, non di una teologia, ma di molte teologie, tanto da preferire all'uso del termine filosofia quello di "pensiero medievale", anche sotto l'impulso fecondo di Paul Vignaux. Si tratta di una preziosa lezione di metodo, ben applicata nei saggi che costituiscono questo volume, che colpiscono per più ragioni: anzitutto per la salda continuità di una riflessione, come appare chiaro a chi conosce i lavori di Gregory sul platonismo medievale pubblicati negli anni Cinquanta. E poi per l'incessante lavoro di approfondimento al quale continua a sottoporre temi e problemi con cui si è incontrato, per la prima volta,oltre cinquanta anni fa.

Tullio Gregory, «Speculum naturale. Percorsi del pensiero medievale», Edizioni di storia e letteratura, Roma, pagg. 254, € 35,00.