giovedì 18 giugno 2020

Documenti dell’antisemitismo nell’URSS




«Shelach et ami »
 Documenti dell’antisemitismo nell’URSS

edizioni della voce, roma, 1971

Dalla quarta di copertina:

« Gli ebrei sono tradizionalmente mercenari infidi, la loro religione è una feroce esaltazione della razza eletta, i loro riti si svolgono in modo antigienico e diffondono contagio, i rabbini fanno la borsa nera di cibi e di moneta». E ancora: « gli ebrei fanno parte di una congiura mondiale plutocratica, controllano nell’ombra il potere finanziario, tramano intrighi con l’appoggio dell’imperialismo e del militarismo, sono cittadini infidi ,,. Non stiamo citando brani dei manuali nazisti, ma documenti dell’antisemitismo sovietico.
In realtà l’antisemitismo si ripete nella sostanza anche se cambia veste e pretesti. In URSS, accanto al vecchio e tradizionale fondo antisemita popolare riabilitato e premiato, in odio a Israele, dalle autorità in questi ultimi anni, vi è un nuovo e più insidioso spirito antisemita, mascherato da antisionismo oppure da antigiudaismo. Distinzioni che non servono, peraltro, a celare gli effetti della campagna antisionista o antigiudaica e che sono pur sempre l’isolamento dei cittadini di origine ebraica, la diffusione del sospetto nei loro confronti (tanto più facile in quanto è già presente un tradizionale terreno antisemita), la discriminazione.
Questo libro raccoglie prove inedite e scarsamente conosciute dell’antisemitismo sovietico. Dai testi del famigerato T. Kornejevic Kicko — per la prima volta tradotti in italiano dall’ucraino — agli articoli della  Literaturnaja Gazeta» e della « Pravda », alle farneticazioni di Yuri Ivanov, un autentico fanatico razzista, alle vignette davvero eloquenti del « Krokodil ». Prove recentissime, a testimonianza del fatto che l’antisemitismo è una realtà di oggi, non un ricordo del passato. E accanto e contro questi documenti, altri documenti, lettere di ebrei russi che non si stancano di ripetere: « Shelach et amì », « lasciate che il nostro popolo vada », la coraggiosa ed inerme reazione delle vittime, la loro speranza di poter tornare in Israele.