domenica 5 aprile 2020

Non ne possiamo più della Moda

Ugo Volli 
Contro la Moda
 Feltrinelli, 1988  

Dall’introduzione

Non ne possiamo più. Di stilisti, di modelli, di tendenze, di revivai. Di mode culturali, di malattie del tempo, di pensieri obbligatori, di quel che è “in” e quel che è “out”. Di opinion leader,   reincarnazioni punk di Lord Brummell, neo-dandies che si vantano di esistere. Di nuovi galatei, ultimissimi elenchi di dove andare   in vacanza, innamoramenti collettivi, cantanti costruiti con la plastica, ristoranti da non perdere, mostre che fanno epoca. Di voti    stelline e asterischi ai film ai libri e ai cibi, di classifiche dei bestsellers, sondaggi d’opinione, copertine di settimanali. Non ne possiamo più di false novità, di informazioni inesistenti, di immagini    e superfici esaltate per la loro inconsistenza. Di stilisti, sarti, parrucchieri; dei loro profeti, venditori, apologeti, poeti di corte e    adoratori ufficiali.      

Non ne possiamo più della Moda.      

Vorremmo forse abolirla, ci piacerebbe forse tornare al tempo    lungo del mondo egizio, dove il costume non cambiava quasi per    migliaia d’anni e gli scocciatori dell”ultima novità” erano altrettanto rari. Eppure ci viviamo dentro, tutti quanti. Alcuni, in numero sempre maggiore — non solo gli stilisti, i fabbricanti di scarpe    e i bottegai ma anche i giornalisti, gli editori, gli architetti, la gente    della televisione e della pubblicità, gli.” operatori del terziario    avanzato” — ci mangiano. Il pane quotidiano non è probabilmente    un buon motivo teorico per sostenere l’importanza di un fenomeno, ma a molti importa.