venerdì 10 ottobre 2008

La moglie del Profeta, sfida editoriale

Corriere della Sera 9.10.08
Una narratrice americana racconta la storia del fondatore dell'Islam e della sua sposa bambina
La moglie del Profeta, sfida editoriale
Divide la scelta della Newton Compton: pubblicare in Italia il romanzo
di Paolo Conti

«L o ammetto. Per pubblicare un libro del genere, occorre un bel po' di coraggio. Con Aisha si sfiora un tema delicatissimo come la religione. Ma spero che appaia subito chiaro come non ci sia nulla contro l'Islam, né contro Aisha, la sposa bambina di Maometto né tanto meno contro Maometto». Raffaello Avanzini è il giovane direttore generale della Newton Compton che il 16 ottobre distribuirà in Italia, nella traduzione di Micol Arianna Beltramini, il romanzo Aisha, l'amata di Maometto di Sherry Jones, giornalista americana alla sua prima opera letteraria. L'autrice assicura di aver studiato storia dell'Islam e numerosi testi di cultura musulmana «inclusa una biografia di Maometto che risale al XIV secolo» prima di affrontare la storia romanzata della giovanissima compagna del Profeta, sposata a nove anni di età. Nel testo ci si imbatte in particolari espliciti, come l'iniziazione sessuale dopo le prime mestruazioni della ragazzina: «Il dolore per la consumazione del matrimonio se ne andò subito. Maometto era così gentile. Essere nelle sue braccia era la beatitudine che avevo atteso per tutta la vita». Oppure, quando Aisha viene sospettata di adulterio a 14 anni e lei risponde «"Io, con Safwan? È ridicolo", dissi. "Sono la moglie del sacro profeta di Allah. Perché dovrei desiderare una nullità come lui?". Mi sentii addosso gli occhi di Muhammad. Vampate di calore mi attraversavano la pelle. Aveva sentito la bugia dietro la mia risata?» Tanta chiarezza poetica offenderà i musulmani in Italia? O accadrà ciò che è avvenuto a Belgrado dove, il 17 agosto, la comunità islamica ha chiesto attraverso il suo leader Muamer Zurkolic il ritiro del volume in quanto «offensivo per i musulmani»? Una cosa è certa. Denise Spellberg, docente di storia islamica all'università del Texas, ha giudicato l'opera un «romanzo porno- soft».
Il coraggio di cui parla Raffaello Avanzini (suo padre Vittorio, ora presidente onorario, fondò la casa nel 1969) è insomma motivato. All'inizio di agosto la casa editrice statunitense Ballantyne Book del gruppo Random House, aveva annullato la pubblicazione di The Jewel of Medina (titolo originale) perché la compagnia era stata avvertita che la pubblicazione avrebbe potuto essere offensiva per i musulmani. Ma il 7 ottobre, il libro è finalmente uscito negli Usa ma per i tipi della Beaufort Books che ha anticipato di una settimana la distribuzione, prevista per il 15 ottobre. L'editore Eric Kampmann ha chiarito di non aver ricevuto minacce ma ha spiegato di aver voluto accelerare i tempi perché «finalmente si parli del valore del libro piuttosto che di terroristi o editori fifoni». Nulla si sa invece sulla pubblicazione in Gran Bretagna da Gibson Square: il 27 settembre una molotov è stata lanciata contro l'ingresso della casa dell'editore Martin Rynja, in Londsale Square. Tre uomini sono stati arrestati con l'accusa di terrorismo. Da qui a novembre il libro uscirà in Ungheria, Germania, Danimarca, Macedonia. Poi in Brasile, Spagna, Grecia, Polonia, Russia.
Dunque Avanzini e la Newton Compton conoscono le incertezze della scelta: «Lo abbiamo messo nel conto, il libro qualche fastidio lo darà. Ma la nostra cifra è l'indipendenza e abbiamo deciso di andare avanti lo stesso. Dopo la Fiera del Libro di Francoforte, Sherry Jones sarà nostra ospite in Italia e stiamo organizzando un suo tour per la prima parte di novembre. Affronteremo inevitabili misure di sicurezza. Qualche frangia estremista può sempre agire. Ma per noi l'opera è un bel romanzo storico che può mettere in contatto due culture diverse, l'occidentale e quella islamica. Non c'è alcun insulto a una figura considerata santa nell'Islam ». Cosa dicono gli altri editori italiani? Avrebbero pubblicato un romanzo così «scomodo»? La parola a Carmine Donzelli: «Non si può ragionare in astratto, dipende dalla qualità del libro. Per un capolavoro sarei disposto sicuramente a rischiare, anche se a lume di naso bisogna comunque stare attenti nel valutare se un libro possa davvero produrre effetti devastanti. Se invece si trattasse di un'opera che titillasse la semplice curiosità, non ne farei nulla. Qui sta, a mio avviso, l'etica della responsabilità di un editore». Avrebbe pubblicato I versetti satanici di Salman Rushdie, Donzelli? «Sicuramente, correndo tutti i rischi. Parliamo di un grande ». Analogo l'approccio di Elido Fazi, della Fazi editrice: «L'importante, rispetto al rischio, incluso quello religioso, è la qualità del prodotto. Dopo l'11 settembre ci prendemmo la responsabilità di pubblicare Fine della libertà, in cui Gore Vidal quasi giustificava le ragioni dell'attentato per l'arroganza degli Stati Uniti nell'ultimo mezzo secolo. Fernanda Pivano mi telefonò: "Voi siete pazzi, ma come vi viene in mente?". Invece ne valeva la pena. Questa è libertà, questa è responsabilità. E il discorso varrebbe anche per un libro di eventuale sfondo religioso».