mercoledì 30 gennaio 2008

La rivincita di Marco Polo, cronista

Corriere della Sera 30.1.08
Il lavoro di Ménard è accompagnato da un ricco apparato iconografico. Il confronto con Colombo
La rivincita di Marco Polo, cronista
Due saggi, in Francia e Gran Bretagna, riscoprono la figura del veneziano
di Cesare Segre

Tra le glorie italiane si cita spesso Cristoforo Colombo; molto meno Marco Polo. Ma avere scoperto l'America non è tanto più importante che aver descritto per primo la Cina e i Paesi circostanti, specialmente oggi che la Cina ci è vicina (come diceva il titolo d'un film) ed entra di prepotenza nell'economia mondiale. In più, Marco ci ha descritto in modo sistematico e avvincente il suo viaggio, a differenza di Colombo.
Il Milione di Marco Polo (scritto in verità da un romanziere, Rustichello da Pisa, per incarico e sotto il controllo di Marco, in un francese ricco di italianismi) ha avuto una circolazione enorme, è stato tradotto nelle principali lingue del tempo, a partire dal latino, e da queste traduzioni ha tratto forze per un'ulteriore diffusione, ad uso sia dei commercianti, che si trovavano nelle mani un Baedecker dell'Estremo Oriente, sia degli ordini religiosi, che ne deducevano mappe per il loro apostolato. Nonostante questo, a nostro parere, Marco è poco popolare, persino nella sua Venezia, dove pure si mostra ancora l'abitazione di famiglia. Anche nella recente occasione del settecentocinquantesimo anniversario della nascita, sebbene ci siano stati importanti convegni, non pare che il nome di Marco sia risuonato molto fra i non specialisti.
Proprio alla persona di Marco, e ai suoi viaggi in Cina col padre e lo zio, poi da solo, è dedicato un volume di Philippe Ménard, illustre professore della Sorbona («Marco Polo à la découverte du monde», Glénat, Grenoble). Ménard lavora da anni sull'argomento, e sta portando a termine, con valenti collaboratori, l'edizione di quella redazione dell'opera di Marco che circolava nella Francia medievale. Ma nel volume di Glénat è proprio Marco a farsi protagonista, e viviamo attraverso il suo sguardo il lungo viaggio di due anni e mezzo fino al centro dell'impero tartaro, le visite ai Paesi limitrofi, il ritorno a Venezia, in parte su navi cinesi, accompagnando la principessa Cocacin che andava sposa in Persia (tre anni). Il volume ha un corredo illustrativo che non va considerato soltanto, edonisticamente, per la straordinaria bellezza delle figure, ma anche per l'integrazione dei punti di vista: miniature francesi e disegni persiani (specialmente cavalieri mongoli a cavallo) del Tre e Quattrocento, immagini antiche e magnifiche fotografie contemporanee dei luoghi.
Ménard ricostruisce attentamente tutti i percorsi di Marco, anche quelli da lui battuti nelle vesti di funzionario del Gran Khan Qubilai (1215-1294), successore di Gengis Khan, ed è pure attento ai particolari logistici, come la scelta delle navi e l'organizzazione delle carovane: unico espediente per rendere sicuro il viaggio in luoghi spesso abitati solo dai briganti. Attenta valutazione è data alla testimonianza documentaria del Milione: perché a volte la descrizione di Marco conferma o integra quanto è ancora riscontrabile, altre volte è solo la situazione attuale a rendere comprensibile il racconto di Marco. L'impegno comparativo di Ménard è reso necessario dai pochi ma fastidiosi tentativi recenti di sminuire la testimonianza del veneziano, o persino di contestarla in blocco. In verità Marco descrive con esattezza costumi, tecniche (come l'impiego da noi allora sconosciuto della carta moneta o l'organizzazione delle poste), credenze religiose, talora molto strane, quasi mai criticate con senso di superiorità. Anche alla poligamia dei tartari Marco Polo fa riferimento senza alcuno stupore, semmai con ammirazione per gli appetiti sessuali del Khan (quattro mogli, innumerevoli concubine, quarantasette figli). Naturalmente è aperto, come i suoi contemporanei, anche a invenzioni in gran parte leggendarie, come la sapiente solennità del Prete Gianni o le abitudini del Vecchio della Montagna, e degli assassini al suo servizio, pronti a uccidere pur di restare nel palazzo di delizie che il Vecchio ha creato per loro. Fatto sta che Marco, da uomo dei suoi tempi, traguardava la realtà attraverso i racconti già dedicati a un Estremo Oriente allora quasi sconosciuto, così come Colombo cercherà nel Nuovo Mondo le tracce dell'Oriente descritto da Marco Polo.