Richard Steigmann-Gall
Il santo Reich. Le concezioni naziste del cristianesimo.
Boroli, 2005
Recensione di Bol.it
Negli ultimi anni pressoché tutti gli aspetti del nazismo sono stati passati al vaglio dell'analisi storica. Ci si è chiesti se il nazismo fosse moderno o antimoderno, progressista o reazionario, capitalista o socialista, espressione della classe media o interclassista; è stata messa in discussione persino la centralità dell'antisemitismo nel movimento. Un aspetto di fondo è rimasto invece incontestato: la convinzione che il nazismo fosse un movimento profondamente anticristiano e che blandì il cristianesimo in modo cinico e opportunista, dapprima per ottenere vantaggi nella lotta elettorale, in seguito per mantenere l'ordine sociale. Passando in rassegna le concezioni religiose dei gerarchi nazisti, anche attraverso gli scritti privati e le dichiarazioni rese a porte chiuse, Steigmann-Gall rimette in esame questo assunto. Egli indaga sul ruolo del cristianesimo nel movimento e scopre che sotto diversi aspetti il nazismo pretese di essere erede della cultura cristiana, soprattutto del protestantesimo tedesco, e che molti leader si consideravano buoni cristiani. Dimostra altresì che il richiamo al cristianesimo rappresentò per i nazisti una risorsa: le battaglie contro i nemici della Germania furono presentate come una guerra in nome del cristianesimo, in difesa del bene e contro il male, per Dio e contro il demonio, per il popolo e contro il giudaismo. Nel nazismo si contrapposero due correnti di pensiero religioso. I cosiddetti "cristiani positivi" ritenevano che il nazismo fosse compatibile con il cristianesimo, o addirittura che affondasse in esso le sue radici, e concepivano il movimento come la risposta cristiana, al di sopra delle confessioni, ai profondi sconvolgimenti che la guerra aveva portato nella società tedesca. I "paganisti" respingevano invece il cristianesimo e si proponevano di creare una religione ispirata ai miti nordici. Steigmann-Gall dimostra però che la loro negazione del cristianesimo era solo parziale, e che nella nuova religione essi integravano aspetti del pensiero cristiano, soprattutto nella versione protestante tedesca. Molti capi nazisti poi, sia paganisti sia cristiani, riverivano in Gesù il primo "ariano" e antisemita, strumentalizzando la sua lotta al giudaismo corrotto. Lutero, poi, era visto da molti come un grande eroe nazionale: non solo il primo protestante ma anche il primo con una piena identità tedesca e quindi il primo nazista 'ante litteram'. Di qui il particolare interesse per le Chiese protestanti e il tentativo di creare una Chiesa unificata protestante del Reich sul modello della Chiesa anglicana. Anche se dopo il fallimento di questi tentativi il movimento accentuò i caratteri antireligiosi, molti nazisti restarono convinti che il cristianesimo avesse un grande rilievo nella loro ideologia.
Il santo Reich. Le concezioni naziste del cristianesimo.
Boroli, 2005
Recensione di Bol.it
Negli ultimi anni pressoché tutti gli aspetti del nazismo sono stati passati al vaglio dell'analisi storica. Ci si è chiesti se il nazismo fosse moderno o antimoderno, progressista o reazionario, capitalista o socialista, espressione della classe media o interclassista; è stata messa in discussione persino la centralità dell'antisemitismo nel movimento. Un aspetto di fondo è rimasto invece incontestato: la convinzione che il nazismo fosse un movimento profondamente anticristiano e che blandì il cristianesimo in modo cinico e opportunista, dapprima per ottenere vantaggi nella lotta elettorale, in seguito per mantenere l'ordine sociale. Passando in rassegna le concezioni religiose dei gerarchi nazisti, anche attraverso gli scritti privati e le dichiarazioni rese a porte chiuse, Steigmann-Gall rimette in esame questo assunto. Egli indaga sul ruolo del cristianesimo nel movimento e scopre che sotto diversi aspetti il nazismo pretese di essere erede della cultura cristiana, soprattutto del protestantesimo tedesco, e che molti leader si consideravano buoni cristiani. Dimostra altresì che il richiamo al cristianesimo rappresentò per i nazisti una risorsa: le battaglie contro i nemici della Germania furono presentate come una guerra in nome del cristianesimo, in difesa del bene e contro il male, per Dio e contro il demonio, per il popolo e contro il giudaismo. Nel nazismo si contrapposero due correnti di pensiero religioso. I cosiddetti "cristiani positivi" ritenevano che il nazismo fosse compatibile con il cristianesimo, o addirittura che affondasse in esso le sue radici, e concepivano il movimento come la risposta cristiana, al di sopra delle confessioni, ai profondi sconvolgimenti che la guerra aveva portato nella società tedesca. I "paganisti" respingevano invece il cristianesimo e si proponevano di creare una religione ispirata ai miti nordici. Steigmann-Gall dimostra però che la loro negazione del cristianesimo era solo parziale, e che nella nuova religione essi integravano aspetti del pensiero cristiano, soprattutto nella versione protestante tedesca. Molti capi nazisti poi, sia paganisti sia cristiani, riverivano in Gesù il primo "ariano" e antisemita, strumentalizzando la sua lotta al giudaismo corrotto. Lutero, poi, era visto da molti come un grande eroe nazionale: non solo il primo protestante ma anche il primo con una piena identità tedesca e quindi il primo nazista 'ante litteram'. Di qui il particolare interesse per le Chiese protestanti e il tentativo di creare una Chiesa unificata protestante del Reich sul modello della Chiesa anglicana. Anche se dopo il fallimento di questi tentativi il movimento accentuò i caratteri antireligiosi, molti nazisti restarono convinti che il cristianesimo avesse un grande rilievo nella loro ideologia.