È esistita una «madre di tutte le novelle»? Il Sette e ...
È esistita una «madre di tutte le novelle»? Il Sette e l’Ottocento ne erano convinti. Forti della scoperta della lingua dell’antica India (il sanscrito), avevano trovato nella corrispondente, ricchissima letteratura un certo numero di raccolte di novelle, come il Panciatantra , di quasi due millenni fa. Ed ecco i comparatisti a riscontrare la conquista, da parte di queste novelle, di immensi spazi asiatici ed europei: le raccolte indiane, compatte o frammentate in singole novelle, s’installano nelle letterature spagnola, francese, italiana. E appare straordinaria la vitalità di racconti che, a distanza di migliaia di chilometri e attraverso i confini di lingue, di costumi e di religioni, continuano a essere narrati con pochi cambiamenti. Venne poi la reazione (1893) dell’autorevole Joseph Bédier, che negò questa monogenesi. Insisteva tra l’altro sul fatto che la prevalente diffusione orale delle novelle impedisce di azzardare qualunque ipotesi sulla loro data e provenienza.
Resta che un importante e antichissimo nucleo di narrazioni si è diffuso partendo dall’India ed è giunto in Occidente attraverso traduzioni in lingue mediorientali (siriaco, iranico, ebraico, arabo) e infine in latino, passando poi alle lingue occidentali. Una trafila, questa sì, verificabile, perché attuata in testi scritti. Un itinerario non sempre percorso dalle raccolte di novelle passa per Bisanzio. Qui Michele Andreopulo tradusse in greco dal siriaco il cosiddetto Syntipas , scritto originariamente in iranico ( Novelle bizantine , a cura di Fabrizio Conca, Bur, pagine 184, 8,50).
Questa raccolta circolò poi in Occidente, anche col titolo di Libro dei sette savi oppure di Libro della furberia e della malizia delle donne . Diremo solo che la cornice, elemento quasi fisso in raccolte del genere, rassomiglia a quella delle Mille e una notte . Una matrigna (siamo in regime di poligamia) accusa ingiustamente l’unico figlio del re di averla insidiata e il ragazzo non può difendersi perché Syntipas, suo maestro, ha letto nelle stelle che morirà se non tacerà per una settimana. Per sette giorni, i sette savi da una parte, la matrigna dall’altra si scontrano in una specie di duello impugnando le novelle come armi: i primi infatti sparano racconti che dimostrano le astuzie delle donne, la seconda altrettanti racconti che evidenziano il pericolo dei cattivi consiglieri. Scaduta la settimana, il principe può scagionarsi da sé e la matrigna viene condannata al ludibrio popolare.
La bella introduzione di Conca s’impegna anche a difendere le donne delle novelle, le cui astuzie sono spesso una necessaria autodifesa; ma lo spirito della raccolta è indubbiamente misogino e, dati i tempi e i luoghi, non c’è motivo di stupirsene.
Cesare Segre
Cultura
Corriere della Sera 18 01 2005
È esistita una «madre di tutte le novelle»? Il Sette e l’Ottocento ne erano convinti. Forti della scoperta della lingua dell’antica India (il sanscrito), avevano trovato nella corrispondente, ricchissima letteratura un certo numero di raccolte di novelle, come il Panciatantra , di quasi due millenni fa. Ed ecco i comparatisti a riscontrare la conquista, da parte di queste novelle, di immensi spazi asiatici ed europei: le raccolte indiane, compatte o frammentate in singole novelle, s’installano nelle letterature spagnola, francese, italiana. E appare straordinaria la vitalità di racconti che, a distanza di migliaia di chilometri e attraverso i confini di lingue, di costumi e di religioni, continuano a essere narrati con pochi cambiamenti. Venne poi la reazione (1893) dell’autorevole Joseph Bédier, che negò questa monogenesi. Insisteva tra l’altro sul fatto che la prevalente diffusione orale delle novelle impedisce di azzardare qualunque ipotesi sulla loro data e provenienza.
Resta che un importante e antichissimo nucleo di narrazioni si è diffuso partendo dall’India ed è giunto in Occidente attraverso traduzioni in lingue mediorientali (siriaco, iranico, ebraico, arabo) e infine in latino, passando poi alle lingue occidentali. Una trafila, questa sì, verificabile, perché attuata in testi scritti. Un itinerario non sempre percorso dalle raccolte di novelle passa per Bisanzio. Qui Michele Andreopulo tradusse in greco dal siriaco il cosiddetto Syntipas , scritto originariamente in iranico ( Novelle bizantine , a cura di Fabrizio Conca, Bur, pagine 184, 8,50).
Questa raccolta circolò poi in Occidente, anche col titolo di Libro dei sette savi oppure di Libro della furberia e della malizia delle donne . Diremo solo che la cornice, elemento quasi fisso in raccolte del genere, rassomiglia a quella delle Mille e una notte . Una matrigna (siamo in regime di poligamia) accusa ingiustamente l’unico figlio del re di averla insidiata e il ragazzo non può difendersi perché Syntipas, suo maestro, ha letto nelle stelle che morirà se non tacerà per una settimana. Per sette giorni, i sette savi da una parte, la matrigna dall’altra si scontrano in una specie di duello impugnando le novelle come armi: i primi infatti sparano racconti che dimostrano le astuzie delle donne, la seconda altrettanti racconti che evidenziano il pericolo dei cattivi consiglieri. Scaduta la settimana, il principe può scagionarsi da sé e la matrigna viene condannata al ludibrio popolare.
La bella introduzione di Conca s’impegna anche a difendere le donne delle novelle, le cui astuzie sono spesso una necessaria autodifesa; ma lo spirito della raccolta è indubbiamente misogino e, dati i tempi e i luoghi, non c’è motivo di stupirsene.
Cesare Segre
Cultura
Corriere della Sera 18 01 2005