Yvon Garlan
Guerra e società nel mondo antico
Il Mulino, Bologna 1985, pagg. 294, lire 30.000.
Un grande interesse sembra, finalmente, essersi destato anche in Italia per la polemologia, la storia militare, gli studi strategici e tecnico-militari. In mancanza di una produzione specificamente nazionale che tuttavia va crescendo anche sulla base dell’attività svolta da alcuni centri universitari di ricerca strategico-militare, le grandi case editrici italiane vanno compiendo una meritoria opera di pubblicazione di traduzioni di testi stranieri di rilevante interesse. Nelle edizioni de Il Mulino è apparso di recente il volume dello storico francese Yvon Garlan Guerra e società nel mondo antico, compreso nella collana Biblioteca storica « che può già vantare titoli di grande rilievo quali: Eserciti e imperi. La dimensione militare dell’imperialismo europeo 1815-1960 dello storico inglese Kiernan; Il potere delle armi. Storia e politica dell’esercito prussiano di Gordon Craig; Radetzky e le armate imperiali. L’impero d’Austria e l’esercito asburgico nella rivoluzione del 1948 di Alan Sked, per non citarne che alcuni.
Garlan studia l’egemonia del fatto militare nelle società antiche greca e romana, con i criteri e l’approfondimento dell’attuale ricerca storica finalmente liberata dal duplice giogo positivistico ed umanistico ed aperta alle altre scienze umane. Questo gli consente di riscoprire nella guerra antica una realtà, cioè un modo di essere, una prassi, un tipo di comportamento consustanziali alle comunità umane. Riscopre, a livello collettivo, le istituzioni, i riti, le ideologie della funzione guerriera come altrettante risposte globali suscitate, in una determinata società, dalla minaccia naturale, se non permanente, dello straniero; mentre a livello individuale trova l’homo militaris antico con comportamenti, •ambizioni e valori suoi propri, ancorché inestricabilmente collegati a quelli dell’uomo politico, economico e religioso con il quale esso si identifica. La considerazione che la guerra non può più essere ritenuta come un fenomeno patologico estraneo al normale corso delle cose, muove Garlan nel tentativo di mettere a fuoco acquisizioni antiche e prospettive moderne della polemologia antica e a descrivere gli aspetti giuridici, economici e tecnici del fenomeno bellico senza tuttavia rinunciare ad abbozzarne una interpretazione più strettamente storica.
Garlan evidenzia come nell’antichità la guerra fu sottoposta ad un processo di strutturazione giuridica che, in opposizione alla pace, ma anteriormente, la alleggerì del clima di larvata ostilità nel quale si chiudevano il più delle volte le comunità primitive. Ma perché ciò accadesse fu necessario che prendessero a definirsi i contorni politici delle comunità, vale a dire che si sviluppase all’interno la nozione di stato. Da allora in poi i fenomeni guerrieri e statali si confortarono l’un l’altro; la guerra si Istituzionalizzò e nel medesimo tempo interesse un carattere tipicamente militare alle strutture statali. Garlan ci rammenta come, nell’antichità, solo una parte ristretta della popolazione maschile veniva impiegata normalmente nelle operaIoni militari perché il debole sviluppo delle forze produttive impediva che fosse superata una certa voglia di mobilitazione per evitare che ne fosse compromessa l’esistenza stessa della comunità. Ciacuna di esse conteneva dunque una società militare dai contorni accuratamente definiti. Si trattava riempire sul piano qualitativo di una élite sociale: a stessa che deteneva il potere, giacché questo, agli occhi degli antichi, era nato dall’uso della forza e i manteneva grazie ad essa. Dunque, per Garian a guerra antica, se da un punto di vista giuridico formale è determinata dall’istituzione di rapporti intercomunitari di carattere statuale, è, in quanto prassi sociale, il prodotto di cambiamenti sopragiuntl nel corso dei secoli nella composizione delle società militari e per la medesima via nella struttura complessiva degli organismi sociali.
L’evoluzione degli antichi modi di combattimento — nella classica tripartizione della battaglia in campo aperto, della battaglia attorno ai bastioni e della battaglia sul mare — risiede, per Garian, su una base materiale determinata dallo stato delle forze produttive ed è il prodotto tanto delle strutture sociali, reali ed ideali, quanto delle circostanze politiche che ne hanno condizionato l’applicazione. L’accrescersi delle caratteristiche tecniche della guerra, sommandosi all’espansione dei terreni operativi ed allo sviluppo del professionalismo militare, suscitò nell’antichità un progresso senza precedenti dell’organizzazione dell’esercito. Ad essa Garlan dedica l’ultimo capitolo del suo libro, concludendo che gli eserciti antichi, per potersi mantenere e funzionare, furono indotti a creare essi stessi modalità proprie di organizzazione, più o meno ben integrate nella cornice tradizionale della comunità civile con la conseguenza che la guerra si presenta come un agente attivo, e non solo come un prodotto passivo, dell’evoluzione storica delle società antiche.
Si devo rendere atto a Garlan di aver saputo magistralmente sintetizzare, in questa sua opera affascinante, una materia tanto vasta e complessa, fornendo un quadro d’insieme utile tanto allo storico professionista quanto ai comune lettore profano di polemologia. Una particolare menzione merita la bibliografia che segue ciascun capitolo, non facile da realizzare se si tiene conto della enorme mole degli studi sull’argomento, che consente al lettore desideroso di un supplemento di informazione di riferirsi costantemente ai manuali fondamentali sulla
materia. Enrico Tiano
diorama letterario, n. 92, aprile 1986, pagina, 18-19
Guerra e società nel mondo antico
Il Mulino, Bologna 1985, pagg. 294, lire 30.000.
Un grande interesse sembra, finalmente, essersi destato anche in Italia per la polemologia, la storia militare, gli studi strategici e tecnico-militari. In mancanza di una produzione specificamente nazionale che tuttavia va crescendo anche sulla base dell’attività svolta da alcuni centri universitari di ricerca strategico-militare, le grandi case editrici italiane vanno compiendo una meritoria opera di pubblicazione di traduzioni di testi stranieri di rilevante interesse. Nelle edizioni de Il Mulino è apparso di recente il volume dello storico francese Yvon Garlan Guerra e società nel mondo antico, compreso nella collana Biblioteca storica « che può già vantare titoli di grande rilievo quali: Eserciti e imperi. La dimensione militare dell’imperialismo europeo 1815-1960 dello storico inglese Kiernan; Il potere delle armi. Storia e politica dell’esercito prussiano di Gordon Craig; Radetzky e le armate imperiali. L’impero d’Austria e l’esercito asburgico nella rivoluzione del 1948 di Alan Sked, per non citarne che alcuni.
Garlan studia l’egemonia del fatto militare nelle società antiche greca e romana, con i criteri e l’approfondimento dell’attuale ricerca storica finalmente liberata dal duplice giogo positivistico ed umanistico ed aperta alle altre scienze umane. Questo gli consente di riscoprire nella guerra antica una realtà, cioè un modo di essere, una prassi, un tipo di comportamento consustanziali alle comunità umane. Riscopre, a livello collettivo, le istituzioni, i riti, le ideologie della funzione guerriera come altrettante risposte globali suscitate, in una determinata società, dalla minaccia naturale, se non permanente, dello straniero; mentre a livello individuale trova l’homo militaris antico con comportamenti, •ambizioni e valori suoi propri, ancorché inestricabilmente collegati a quelli dell’uomo politico, economico e religioso con il quale esso si identifica. La considerazione che la guerra non può più essere ritenuta come un fenomeno patologico estraneo al normale corso delle cose, muove Garlan nel tentativo di mettere a fuoco acquisizioni antiche e prospettive moderne della polemologia antica e a descrivere gli aspetti giuridici, economici e tecnici del fenomeno bellico senza tuttavia rinunciare ad abbozzarne una interpretazione più strettamente storica.
Garlan evidenzia come nell’antichità la guerra fu sottoposta ad un processo di strutturazione giuridica che, in opposizione alla pace, ma anteriormente, la alleggerì del clima di larvata ostilità nel quale si chiudevano il più delle volte le comunità primitive. Ma perché ciò accadesse fu necessario che prendessero a definirsi i contorni politici delle comunità, vale a dire che si sviluppase all’interno la nozione di stato. Da allora in poi i fenomeni guerrieri e statali si confortarono l’un l’altro; la guerra si Istituzionalizzò e nel medesimo tempo interesse un carattere tipicamente militare alle strutture statali. Garlan ci rammenta come, nell’antichità, solo una parte ristretta della popolazione maschile veniva impiegata normalmente nelle operaIoni militari perché il debole sviluppo delle forze produttive impediva che fosse superata una certa voglia di mobilitazione per evitare che ne fosse compromessa l’esistenza stessa della comunità. Ciacuna di esse conteneva dunque una società militare dai contorni accuratamente definiti. Si trattava riempire sul piano qualitativo di una élite sociale: a stessa che deteneva il potere, giacché questo, agli occhi degli antichi, era nato dall’uso della forza e i manteneva grazie ad essa. Dunque, per Garian a guerra antica, se da un punto di vista giuridico formale è determinata dall’istituzione di rapporti intercomunitari di carattere statuale, è, in quanto prassi sociale, il prodotto di cambiamenti sopragiuntl nel corso dei secoli nella composizione delle società militari e per la medesima via nella struttura complessiva degli organismi sociali.
L’evoluzione degli antichi modi di combattimento — nella classica tripartizione della battaglia in campo aperto, della battaglia attorno ai bastioni e della battaglia sul mare — risiede, per Garian, su una base materiale determinata dallo stato delle forze produttive ed è il prodotto tanto delle strutture sociali, reali ed ideali, quanto delle circostanze politiche che ne hanno condizionato l’applicazione. L’accrescersi delle caratteristiche tecniche della guerra, sommandosi all’espansione dei terreni operativi ed allo sviluppo del professionalismo militare, suscitò nell’antichità un progresso senza precedenti dell’organizzazione dell’esercito. Ad essa Garlan dedica l’ultimo capitolo del suo libro, concludendo che gli eserciti antichi, per potersi mantenere e funzionare, furono indotti a creare essi stessi modalità proprie di organizzazione, più o meno ben integrate nella cornice tradizionale della comunità civile con la conseguenza che la guerra si presenta come un agente attivo, e non solo come un prodotto passivo, dell’evoluzione storica delle società antiche.
Si devo rendere atto a Garlan di aver saputo magistralmente sintetizzare, in questa sua opera affascinante, una materia tanto vasta e complessa, fornendo un quadro d’insieme utile tanto allo storico professionista quanto ai comune lettore profano di polemologia. Una particolare menzione merita la bibliografia che segue ciascun capitolo, non facile da realizzare se si tiene conto della enorme mole degli studi sull’argomento, che consente al lettore desideroso di un supplemento di informazione di riferirsi costantemente ai manuali fondamentali sulla
materia. Enrico Tiano
diorama letterario, n. 92, aprile 1986, pagina, 18-19