l’Unità 12.3.08
Luciano Canfora attacca: non è autentico. Ma Salvatore Settis a Berlino ribadisce la sua tesi
Ancora lite sul Papiro di Artemidoro: è falso oppure no?
di Marco Innocente Furina
È autentico o non è autentico? Quella sul papiro di Artemidoro, una delle più accese querelle culturali degli ultimi anni, promette di durare ancora a lungo, ma la grande mostra che apre oggi a Berlino, con la contemporanea presentazione dell’edizione critica, è destinata a segnare un momento fondamentale nella discussione intorno all’originalità del prezioso frammento.
La polemica va avanti da due anni, da quando nel 2006, il papiro di Artemidoro è stato il protagonista di una importante mostra a palazzo Bricherasio a Torino, dopo che la Fondazione per l’Arte della compagnia di San Paolo, su sollecitazione del Ministero per i beni culturali, per aggiudicarselo aveva sborsato, la ragguardevole cifra di 2.750.000 euro.
Fu proprio allora che, dopo aver visitato la grande l’esposizione, il grecista Luciano Canfora fu colto dai primi dubbi. Troppe cose, a partire dalla lingua usata nel testo, non tornavano. Ne nacque una polemica durissima, condotta anche dalle pagine dei più importanti quotidiani nazionali, fra lo stesso Canfora e Salvatore Settis, storico dell’arte e direttore della Normale di Pisa che aveva invece certificato l’originalità dei frammenti.
A due anni di distanza Canfora e Settis tornano a incrociare le spade. Lo storico dell’arte e i filologi Barbara Kramer e Claudio Gallazzi, annunciano - finalmente - la presentazione di un’edizione critica, mentre il docente dell’Università di Bari, dopo aver dato alle stampe un primo testo in inglese The true history of so-called Artemidorus papyrus (edizioni Pagina) con l’aiuto di un manipolo di studiosi (Luciano Tossina, Livia Capponi, Giuseppe Carlucci, Vanna Maraglino, Stefano Micunco, Rosa Otranto, Claudio Schiano), spiega perché, ne Il Papiro di Artemidoro, un corposo volume edito da Laterza, il rotolo in questione non possa essere originale.
La lingua, innanzitutto. Artemidoro di Efeso visse a cavallo tra il II e il I a. C. ma lo stile del papiro non ha nulla a che vedere con lingua classica in uso allora. I sostenitori dell’autenticità rispondono con la teoria delle «tre vite», ovvero i tre momenti in cui il documento sarebbe stato scritto e disegnato. Ribatte Canfora: le «tre vite», a dar retta a questa teoria, si sarebbero svolte entro la fine dell’età di Nerone, ovvero il I secolo d.C, mentre nel testo sono presenti colloquialismi di epoca basso-bizantina. Dunque parecchi secoli dopo il regno dell’impertore. Ma non basta. Perché nel reperto sono presenti interi brani di Marciano, un autore bizantino vissuto nel IV secolo d.C, per non parlare di usi e riferimenti più vicini alla prosa dei padri della Chiesa che al greco classico. Un’anomalia che per il filologo Albio Cassio, uno dei curatori dell’edizione critica, si spiegherebbe facilmente: ci troveremmo di fronte a una rarissima e quindi preziosissima attestazione del greco asiano, uno stile andato quasi del tutto perduto. Altro che greco d’Asia e greco d’Asia, nello scritto - incalza Canfora - ci sono troppe incongruenze. Prendiamo il termine «Oblevion», il nome di un fiume come era stato ribattezzato in epoca moderna, mentre la forma antica, attestata in Strabone è «Belion». E così via.
Come in ogni buon processo indiziario le parti hanno pure fatto ricorso alle perizie tecniche. Ma come spesso avviene in questi casi neanche le analisi chimiche hanno messo la parola fine alla discussione.
Ma a non convincere Canfora non è solo la sintassi. Il papiro infatti è unico nel suo genere perché è quasi un canovaccio d’artista. Sul verso sono disegnati una quarantina di raffigurazioni di animali reali e fantastici, mentre sul recto compaiono volti umani e una cartina della Spagna. Uno stile, suggestivo e irrituale che quasi anticipa il Rinascimento (c’è chi ha parlato di una mano che ricorda Raffaello). Troppo strano, così poco classico, così poco antico...
Già, ma allora se il papiro è un falso, chi è il falsario? Ed qui che entra in gioco un personaggio a suo modo grande, eclettico e versatile, il greco Costantino Simonidis, abilissimo falsario ottocentesco conosciuto e temuto in tutte le capitali europee. Allievo di Vidal, un pittore della scuola del francese David, Simonidis di falsi ne aveva già rifilati parecchi. «Nel 1855 - ricorda Canfora - aveva tratto in inganno l’intera Accademia delle scienze di Berlino. Scoperto, era stato poi espulso dalla capitale prussiana». Dove ora ritorna - se la ride il professore di Bari - con tutti gli onori.
Luciano Canfora attacca: non è autentico. Ma Salvatore Settis a Berlino ribadisce la sua tesi
Ancora lite sul Papiro di Artemidoro: è falso oppure no?
di Marco Innocente Furina
È autentico o non è autentico? Quella sul papiro di Artemidoro, una delle più accese querelle culturali degli ultimi anni, promette di durare ancora a lungo, ma la grande mostra che apre oggi a Berlino, con la contemporanea presentazione dell’edizione critica, è destinata a segnare un momento fondamentale nella discussione intorno all’originalità del prezioso frammento.
La polemica va avanti da due anni, da quando nel 2006, il papiro di Artemidoro è stato il protagonista di una importante mostra a palazzo Bricherasio a Torino, dopo che la Fondazione per l’Arte della compagnia di San Paolo, su sollecitazione del Ministero per i beni culturali, per aggiudicarselo aveva sborsato, la ragguardevole cifra di 2.750.000 euro.
Fu proprio allora che, dopo aver visitato la grande l’esposizione, il grecista Luciano Canfora fu colto dai primi dubbi. Troppe cose, a partire dalla lingua usata nel testo, non tornavano. Ne nacque una polemica durissima, condotta anche dalle pagine dei più importanti quotidiani nazionali, fra lo stesso Canfora e Salvatore Settis, storico dell’arte e direttore della Normale di Pisa che aveva invece certificato l’originalità dei frammenti.
A due anni di distanza Canfora e Settis tornano a incrociare le spade. Lo storico dell’arte e i filologi Barbara Kramer e Claudio Gallazzi, annunciano - finalmente - la presentazione di un’edizione critica, mentre il docente dell’Università di Bari, dopo aver dato alle stampe un primo testo in inglese The true history of so-called Artemidorus papyrus (edizioni Pagina) con l’aiuto di un manipolo di studiosi (Luciano Tossina, Livia Capponi, Giuseppe Carlucci, Vanna Maraglino, Stefano Micunco, Rosa Otranto, Claudio Schiano), spiega perché, ne Il Papiro di Artemidoro, un corposo volume edito da Laterza, il rotolo in questione non possa essere originale.
La lingua, innanzitutto. Artemidoro di Efeso visse a cavallo tra il II e il I a. C. ma lo stile del papiro non ha nulla a che vedere con lingua classica in uso allora. I sostenitori dell’autenticità rispondono con la teoria delle «tre vite», ovvero i tre momenti in cui il documento sarebbe stato scritto e disegnato. Ribatte Canfora: le «tre vite», a dar retta a questa teoria, si sarebbero svolte entro la fine dell’età di Nerone, ovvero il I secolo d.C, mentre nel testo sono presenti colloquialismi di epoca basso-bizantina. Dunque parecchi secoli dopo il regno dell’impertore. Ma non basta. Perché nel reperto sono presenti interi brani di Marciano, un autore bizantino vissuto nel IV secolo d.C, per non parlare di usi e riferimenti più vicini alla prosa dei padri della Chiesa che al greco classico. Un’anomalia che per il filologo Albio Cassio, uno dei curatori dell’edizione critica, si spiegherebbe facilmente: ci troveremmo di fronte a una rarissima e quindi preziosissima attestazione del greco asiano, uno stile andato quasi del tutto perduto. Altro che greco d’Asia e greco d’Asia, nello scritto - incalza Canfora - ci sono troppe incongruenze. Prendiamo il termine «Oblevion», il nome di un fiume come era stato ribattezzato in epoca moderna, mentre la forma antica, attestata in Strabone è «Belion». E così via.
Come in ogni buon processo indiziario le parti hanno pure fatto ricorso alle perizie tecniche. Ma come spesso avviene in questi casi neanche le analisi chimiche hanno messo la parola fine alla discussione.
Ma a non convincere Canfora non è solo la sintassi. Il papiro infatti è unico nel suo genere perché è quasi un canovaccio d’artista. Sul verso sono disegnati una quarantina di raffigurazioni di animali reali e fantastici, mentre sul recto compaiono volti umani e una cartina della Spagna. Uno stile, suggestivo e irrituale che quasi anticipa il Rinascimento (c’è chi ha parlato di una mano che ricorda Raffaello). Troppo strano, così poco classico, così poco antico...
Già, ma allora se il papiro è un falso, chi è il falsario? Ed qui che entra in gioco un personaggio a suo modo grande, eclettico e versatile, il greco Costantino Simonidis, abilissimo falsario ottocentesco conosciuto e temuto in tutte le capitali europee. Allievo di Vidal, un pittore della scuola del francese David, Simonidis di falsi ne aveva già rifilati parecchi. «Nel 1855 - ricorda Canfora - aveva tratto in inganno l’intera Accademia delle scienze di Berlino. Scoperto, era stato poi espulso dalla capitale prussiana». Dove ora ritorna - se la ride il professore di Bari - con tutti gli onori.