Corriere della Sera, 24/11/2003
Arte, moda, feste: l’ Europa scoprì il piacere dell’ostentazione
SOCIETA’ Viaggio alle origini di una rivoluzione del gusto che partì dalle campagne
Luigi XIV s’installò a Versailles il 7 maggio del 1682. Il palazzo, la corte, le feste, i banchetti, gli spettacoli, il taglio degli abiti, la foggia delle parrucche, le stoffe impiegate per la loro confezione, i merletti delle camicie, l’acconciatura dei capelli, le porcellane, i vetri e gli argenti che decoravano la tavola reale, tutto divenne da quel momento il canone dell’eleganza europea. Ogni principe d’Europa volle avere scalinate nello stile di Le Vau, tetti nello stile di Mansart, giardini nello stile di Le Nôtre. La progettazione del castello di Schönbrunn, residenza degli imperatori austriaci, risale al 1695. Eugenio di Savoia, che aveva passato alla corte di Francia gli anni dell’adolescenza, iniziò la costruzione del suo Belvedere a Vienna nel 1714. La villa reale di Stupinigi fu progettata da Filippo Iuvara per Vittorio Amedeo II di Savoia nel 1729. Il parco e il castello di Sans Souci vennero realizzati a Potsdam per il Grande Federico tra il 1743 e il 1769. La Reggia di Caserta risale al 1752. I grandi palazzi di Rastrelli a Pietroburgo, Peterhof e Carskoe Selo furono costruiti fra il 1741 e il 1762. Il Palazzo Lazienki di Varsavia, residenza di re Stanislao Augusto, venne realizzato nel 1777. Ovunque le corti fissano le regole dei comportamenti sociali, dettano legge in materia di abbigliamento e gastronomia, diffondono mode, gusti, tendenze culturali. Trascinata dalla Francia, l’Europa vuole un potere lussuoso e splendente, fiammeggiante di ori, marmi e specchi. Lusso e potere diventano fratelli siamesi, aspetti complementari di una stessa realtà. La Chiesa, dal canto suo, non aveva atteso Luigi XIV per creare a sua volta un «lusso» religioso di cui il porticato di Bernini di fronte a San Pietro e il suo baldacchino all'interno della chiesa sono gli esempi maggiori. Non è senza interesse osservare che la costruzione del porticato precede di pochi anni l’inizio dei lavori per la reggia di Versailles. In questo paesaggio di ville e castelli popolato da figure in abiti sgargianti l’unica eccezione sembra essere rappresentata dalla Repubblica di Venezia dove il Maggior Consiglio si ostina a reprimere il lusso con severe leggi suntuarie. Quelle promulgate fra il 1706 e il 1707 proibiscono alle donne maritate di indossare abiti colorati nei luoghi pubblici. Le gondole, i tabarri, i mantelli, i tricorni e le maschere devono essere rigorosamente neri. Ma anche a Venezia, nonostante le denunce depositate dagli informatori nelle «bocche della verità», la regola viene sistematicamente violata. E le donne si sbarazzano rapidamente del loro burqa per sfoggiare, all'interno dei palazzi, abiti stravaganti e gioielli preziosi. Esiste un paese d'Europa, tuttavia, dove questa tendenza è in parte assente, in parte corretta da un fenomeno diverso a cui potremmo dare il nome di cómfort. La parola è di origine francese e andrebbe scritta e pronunciata confórt . Ma il dizionario Littré, dopo avere ricordato significati più nobili (conforto spirituale, sostegno morale) ne suggerisce questa definizione: «Tutto ciò che costituisce il benessere e le comodità della vita. Questo è il senso dato in Inghilterra alla parola francese confort ed è di là che, così trasformato, ci è giunto». La parola allude a un gran numero di oggetti, situazioni e accorgimenti pratici: una stanza ben riscaldata, una via selciata, una carrozza spaziosa, una giacca comoda, un buon paio di stivali, un rigagnolo lungo il marciapiedi per le acque piovane, l'illuminazione stradale, una fumante tazza di tè in alcune ore della giornata. Ma anche l'occhio ha la sue parte. Il comfort è tale soltanto quando crea una sorta di benessere estetico. Il visitatore che arriva in Inghilterra dal continente verso la metà del Settecento è subito colpito dalla qualità e dalla praticità degli oggetti domestici: i servizi di porcellana o ceramica per il tè e il caffè, le teiere e le caffettiere d'argento, i candelieri e i candelabri di buona fattura, i bicchieri di buon vetro, le posate ben disegnate, i camini piccoli e ben decorati, gli alari eleganti. Non sempre questi oggetti hanno la bellezza e la fine lavorazione di quelli che provengono dalle manifatture di Sèvres e Meissen, dalle vetrerie di Murano, dai laboratori francesi di marqueterie e dalle oreficerie italiane. Ma il loro uso è molto più generale. Per comprendere questa nuova Inghilterra non basta visitare i palazzi, le mansions e i castelli della grande aristocrazia terriera. Occorre mettere piede in una di quelle piccole case a tre piani, generalmente composte da due stanze per piano, che sono state costruite durante il grande boom edilizio londinese, soprattutto nella seconda metà del secolo, per i ceti emergenti della società: mercanti, avvocati, sensali d'affari, banchieri, agenti di borsa, assicuratori, armatori, medici, tipografi, librai, giornalisti e scrittori. Resta da capire perché l'Inghilterra sia divenuta, nel giro di qualche diecina d'anni, il paese in cui «il benessere e le piacevolezze della vita», secondo la definizione del Littré, avevano fatto maggiori progressi. Ovunque in Europa, dopo la grande rivoluzione scientifica del Seicento, la scienza e la tecnica erano tenute in grande considerazione. Ma l'Inghilterra sembrava particolarmente attratta dall'uso pratico di certe scoperte e innovazioni. Nel 1719 Daniel Defoe pubblicò a Londra un romanzo, Robinson Crusoe , in cui la storia di un naufrago che approda su un'isola deserta e riesce a renderla abitabile, è per molti aspetti un inno all'ingegnosità umana. Nel 1728 fu pubblicata, nella stessa città una Cyclopedia or Universal Dictionary of Arts and Sciences . Cominciarono, negli anni seguenti, le trattative con un editore di Parigi per la traduzione francese. Il progetto fallì, ma fu rilanciato nel 1747, con caratteristiche nuove, quando Diderot e D'Alembert decisero di avviare la realizzazione di un'opera più ampia che cominciò a uscire nel giugno del 1751 ed ebbe una straordinaria influenza sulla cultura europea della seconda metà del Settecento. L 'Enclyclopédie conserva, soprattutto nelle illustrazioni, alcune delle caratteristiche «tecniche» della Cyclopedia inglese: macchine agricole, molini, fonderie, strumenti per i lavori artigianali, attrezzi di varia natura e funzione. Ma è ricca di voci storico-filosofiche e diventa, grazie al genio dei suoi redattori e all'influenza di Voltaire, uno straordinario veicolo per la diffusione delle idee dell'Illuminismo. Fra le due opere il primato spetta indiscutibilmente alla seconda. Ma il carattere della prima dimostra quali fossero gli interessi e le preoccupazioni della società inglese in quegli anni. La grande trasformazione non inizia nelle città, ma nelle campagne. Agli inizi del Settecento l'Inghilterra è una grande potenza marittima e mercantile, ma la società e l'economia sono prevalentemente rurali. Le sue principali caratteristiche economiche e sociali sono il villaggio, la parrocchia (a cui sono delegati alcuni compiti amministrativi), gli artigiani che lavorano per la comunità rurale e non esportano i loro prodotti al di là del circondario, la grande e antica casa del proprietario, le terre abbandonate ai fittavoli per canoni abbastanza modesti e le aeree comuni: boschi, campi, prati, ruscelli e stagni da cui, per lunga tradizione, la gente ricava il grano per il pane, il foraggio per le bestie, la legna da ardere, pesci, patate, frutta, ortaggi. Ma dal 1740 le campagne cambiano volto. Le parti comuni vengono abolite, le proprietà recintate, le paludi prosciugate. Gli studi di agricoltura suggeriscono nuovi metodi per dissodare, piantare, concimare, irrigare. Una migliore ripartizione della terra permette di coltivare foraggio, immagazzinarlo e nutrire gli animali durante l'inverno. Non è più necessario quindi macellarli alla fine dell'autunno e insaccare o salare la carne per sopravvivere fino alla primavera. Ora è possibile mangiare carne fresca per tutto l'anno e soprattutto aumentare rapidamente il numero degli animali. Gli allevamenti diventano sempre più consistenti e proficui. Incoraggiati dall’aumento dei loro redditi, i proprietari costruiscono strade, ponti e canali per avviare la loro produzione verso i mercati delle città. (...) Nascono così le prime fiere agricole e appaiono contemporaneamente le prime banche di contea, pronte a fornire crediti e a scontare cambiali. Nulla del genere accade in quegli anni nell'Europa continentale, neppure nelle regioni, come la Lombardia, dove i progressi dell'agricoltura sono stati più considerevoli.
Arte, moda, feste: l’ Europa scoprì il piacere dell’ostentazione
SOCIETA’ Viaggio alle origini di una rivoluzione del gusto che partì dalle campagne
Luigi XIV s’installò a Versailles il 7 maggio del 1682. Il palazzo, la corte, le feste, i banchetti, gli spettacoli, il taglio degli abiti, la foggia delle parrucche, le stoffe impiegate per la loro confezione, i merletti delle camicie, l’acconciatura dei capelli, le porcellane, i vetri e gli argenti che decoravano la tavola reale, tutto divenne da quel momento il canone dell’eleganza europea. Ogni principe d’Europa volle avere scalinate nello stile di Le Vau, tetti nello stile di Mansart, giardini nello stile di Le Nôtre. La progettazione del castello di Schönbrunn, residenza degli imperatori austriaci, risale al 1695. Eugenio di Savoia, che aveva passato alla corte di Francia gli anni dell’adolescenza, iniziò la costruzione del suo Belvedere a Vienna nel 1714. La villa reale di Stupinigi fu progettata da Filippo Iuvara per Vittorio Amedeo II di Savoia nel 1729. Il parco e il castello di Sans Souci vennero realizzati a Potsdam per il Grande Federico tra il 1743 e il 1769. La Reggia di Caserta risale al 1752. I grandi palazzi di Rastrelli a Pietroburgo, Peterhof e Carskoe Selo furono costruiti fra il 1741 e il 1762. Il Palazzo Lazienki di Varsavia, residenza di re Stanislao Augusto, venne realizzato nel 1777. Ovunque le corti fissano le regole dei comportamenti sociali, dettano legge in materia di abbigliamento e gastronomia, diffondono mode, gusti, tendenze culturali. Trascinata dalla Francia, l’Europa vuole un potere lussuoso e splendente, fiammeggiante di ori, marmi e specchi. Lusso e potere diventano fratelli siamesi, aspetti complementari di una stessa realtà. La Chiesa, dal canto suo, non aveva atteso Luigi XIV per creare a sua volta un «lusso» religioso di cui il porticato di Bernini di fronte a San Pietro e il suo baldacchino all'interno della chiesa sono gli esempi maggiori. Non è senza interesse osservare che la costruzione del porticato precede di pochi anni l’inizio dei lavori per la reggia di Versailles. In questo paesaggio di ville e castelli popolato da figure in abiti sgargianti l’unica eccezione sembra essere rappresentata dalla Repubblica di Venezia dove il Maggior Consiglio si ostina a reprimere il lusso con severe leggi suntuarie. Quelle promulgate fra il 1706 e il 1707 proibiscono alle donne maritate di indossare abiti colorati nei luoghi pubblici. Le gondole, i tabarri, i mantelli, i tricorni e le maschere devono essere rigorosamente neri. Ma anche a Venezia, nonostante le denunce depositate dagli informatori nelle «bocche della verità», la regola viene sistematicamente violata. E le donne si sbarazzano rapidamente del loro burqa per sfoggiare, all'interno dei palazzi, abiti stravaganti e gioielli preziosi. Esiste un paese d'Europa, tuttavia, dove questa tendenza è in parte assente, in parte corretta da un fenomeno diverso a cui potremmo dare il nome di cómfort. La parola è di origine francese e andrebbe scritta e pronunciata confórt . Ma il dizionario Littré, dopo avere ricordato significati più nobili (conforto spirituale, sostegno morale) ne suggerisce questa definizione: «Tutto ciò che costituisce il benessere e le comodità della vita. Questo è il senso dato in Inghilterra alla parola francese confort ed è di là che, così trasformato, ci è giunto». La parola allude a un gran numero di oggetti, situazioni e accorgimenti pratici: una stanza ben riscaldata, una via selciata, una carrozza spaziosa, una giacca comoda, un buon paio di stivali, un rigagnolo lungo il marciapiedi per le acque piovane, l'illuminazione stradale, una fumante tazza di tè in alcune ore della giornata. Ma anche l'occhio ha la sue parte. Il comfort è tale soltanto quando crea una sorta di benessere estetico. Il visitatore che arriva in Inghilterra dal continente verso la metà del Settecento è subito colpito dalla qualità e dalla praticità degli oggetti domestici: i servizi di porcellana o ceramica per il tè e il caffè, le teiere e le caffettiere d'argento, i candelieri e i candelabri di buona fattura, i bicchieri di buon vetro, le posate ben disegnate, i camini piccoli e ben decorati, gli alari eleganti. Non sempre questi oggetti hanno la bellezza e la fine lavorazione di quelli che provengono dalle manifatture di Sèvres e Meissen, dalle vetrerie di Murano, dai laboratori francesi di marqueterie e dalle oreficerie italiane. Ma il loro uso è molto più generale. Per comprendere questa nuova Inghilterra non basta visitare i palazzi, le mansions e i castelli della grande aristocrazia terriera. Occorre mettere piede in una di quelle piccole case a tre piani, generalmente composte da due stanze per piano, che sono state costruite durante il grande boom edilizio londinese, soprattutto nella seconda metà del secolo, per i ceti emergenti della società: mercanti, avvocati, sensali d'affari, banchieri, agenti di borsa, assicuratori, armatori, medici, tipografi, librai, giornalisti e scrittori. Resta da capire perché l'Inghilterra sia divenuta, nel giro di qualche diecina d'anni, il paese in cui «il benessere e le piacevolezze della vita», secondo la definizione del Littré, avevano fatto maggiori progressi. Ovunque in Europa, dopo la grande rivoluzione scientifica del Seicento, la scienza e la tecnica erano tenute in grande considerazione. Ma l'Inghilterra sembrava particolarmente attratta dall'uso pratico di certe scoperte e innovazioni. Nel 1719 Daniel Defoe pubblicò a Londra un romanzo, Robinson Crusoe , in cui la storia di un naufrago che approda su un'isola deserta e riesce a renderla abitabile, è per molti aspetti un inno all'ingegnosità umana. Nel 1728 fu pubblicata, nella stessa città una Cyclopedia or Universal Dictionary of Arts and Sciences . Cominciarono, negli anni seguenti, le trattative con un editore di Parigi per la traduzione francese. Il progetto fallì, ma fu rilanciato nel 1747, con caratteristiche nuove, quando Diderot e D'Alembert decisero di avviare la realizzazione di un'opera più ampia che cominciò a uscire nel giugno del 1751 ed ebbe una straordinaria influenza sulla cultura europea della seconda metà del Settecento. L 'Enclyclopédie conserva, soprattutto nelle illustrazioni, alcune delle caratteristiche «tecniche» della Cyclopedia inglese: macchine agricole, molini, fonderie, strumenti per i lavori artigianali, attrezzi di varia natura e funzione. Ma è ricca di voci storico-filosofiche e diventa, grazie al genio dei suoi redattori e all'influenza di Voltaire, uno straordinario veicolo per la diffusione delle idee dell'Illuminismo. Fra le due opere il primato spetta indiscutibilmente alla seconda. Ma il carattere della prima dimostra quali fossero gli interessi e le preoccupazioni della società inglese in quegli anni. La grande trasformazione non inizia nelle città, ma nelle campagne. Agli inizi del Settecento l'Inghilterra è una grande potenza marittima e mercantile, ma la società e l'economia sono prevalentemente rurali. Le sue principali caratteristiche economiche e sociali sono il villaggio, la parrocchia (a cui sono delegati alcuni compiti amministrativi), gli artigiani che lavorano per la comunità rurale e non esportano i loro prodotti al di là del circondario, la grande e antica casa del proprietario, le terre abbandonate ai fittavoli per canoni abbastanza modesti e le aeree comuni: boschi, campi, prati, ruscelli e stagni da cui, per lunga tradizione, la gente ricava il grano per il pane, il foraggio per le bestie, la legna da ardere, pesci, patate, frutta, ortaggi. Ma dal 1740 le campagne cambiano volto. Le parti comuni vengono abolite, le proprietà recintate, le paludi prosciugate. Gli studi di agricoltura suggeriscono nuovi metodi per dissodare, piantare, concimare, irrigare. Una migliore ripartizione della terra permette di coltivare foraggio, immagazzinarlo e nutrire gli animali durante l'inverno. Non è più necessario quindi macellarli alla fine dell'autunno e insaccare o salare la carne per sopravvivere fino alla primavera. Ora è possibile mangiare carne fresca per tutto l'anno e soprattutto aumentare rapidamente il numero degli animali. Gli allevamenti diventano sempre più consistenti e proficui. Incoraggiati dall’aumento dei loro redditi, i proprietari costruiscono strade, ponti e canali per avviare la loro produzione verso i mercati delle città. (...) Nascono così le prime fiere agricole e appaiono contemporaneamente le prime banche di contea, pronte a fornire crediti e a scontare cambiali. Nulla del genere accade in quegli anni nell'Europa continentale, neppure nelle regioni, come la Lombardia, dove i progressi dell'agricoltura sono stati più considerevoli.