Corriere della Sera, 20/06/2005
Bomba su Nagasaki, il reportage censurato
Le copie delle corrispondenze scritte dal giornalista Weller trovate dal figlio nella sua casa di Roma. Ora un quotidiano giapponese le ha pubblicate Dopo 60 anni rispuntano gli articoli sequestrati dai comandi americani
« Nagasaki è un’isola che assomiglia a Manhattan in forma e dimensioni . Quelli che corrispondono ai versanti del New Jersey e di Manhattan affacciati sul fiume Hudson sono punteggiati di stabilimenti industriali di proprietà delle famiglie Mitsubishi e Kawanami ». Le prime righe del diario di George Weller, il primo reporter straniero entrato a Nagasaki dopo il bombardamento del 9 agosto 1945. « Negli stabilimenti di Kawamani, dove si costruivano navi, lavoravano circa ventimila persone. Gli impianti si trovano a cinque miglia dall’epicentro dell’esplosione. Le verdi colline sono vicine, al di là delle lunghe file di stabilimenti industriali. La stazione ferroviaria, quasi totalmente distrutta, è già attiva ». Weller descrive il risveglio lento e stupefatto della città giapponese. E il tentativo di spiegare la catastrofe. « Un allarme generale era stato dato alle 7 del mattino, quattro ore prima che comparissero i due B-29. La maggior parte della popolazione lo ha ignorato ». Radiazioni letali « I giapponesi hanno sentito alla radio americana che il terreno conserva le radiazioni letali. Ho camminato per ore tra le rovine, lì dove l’odore dei cadaveri in decomposizione è ancora forte: ho provato nausea ma nessun malessere . « Qui a Nagasaki nessuno è ancora riuscito a dimostrare che questa bomba sia diversa dalle altre - prosegue il giornalista, come intenerito di fronte a cittadini sprovveduti e soccorritori impotenti - tranne che per l’intensità dei raggi luminosi ». Weller trascorre un’ora nei locali ormai inanimati dell’Istituto medico di Nagasaki. « Nelle stanze invase dai detriti, solo ratti. Sul lato opposto della vallata, al di là del fiume Urakame, c’è un college americano in cemento di tre piani. Il college si chiama Chin Jei ed è quasi totalmente distrutto. Le autorità giapponesi evidenziano che l’area bombardata era tradizionalmente destinata ai cattolici e ai cristiani. «A guardare la facciata sventrata del consolato americano o quella della cattedrale cattolica, accartocciata come fosse di pan di zenzero, sembra che l’atomica non risparmi nulla di ciò che incontra sul proprio cammino ». L’ospedale L’8 settembre Weller attraversa i corridoi dei due ospedali di Nagasaki, parla con i medici, annota minuziosamente le scene di dolore che gli trafiggono gli occhi. La principale preoccupazione dei medici, poche settimane dopo il bombardamento, resta quella di spiegare l’origine dei sintomi registrati in centinaia di casi. « Gli scheletri degli edifici, che prima ospitavano l’esercito giapponese, rivelano quello che la bomba atomica è in grado di fare all’acciaio e alla pietra, ma gli effetti su carne e ossa umane sono custoditi nei due ospedali della città . « Sono il primo americano ad aver raggiunto Nagasaki, la guida che mi accompagna lo sa bene e puntandomi gli occhi in viso pare chiedere: "Che ne pensi?" «Cosa vorrebbe dirmi? Che l’America ha fatto qualcosa di inumano sganciando quest’arma sul Giappone? Vorrebbe che scrivessi questo? « Ci sono dei bambini, alcuni ustionati, che siedono tra le loro madri. Ieri i giapponesi hanno scattato molte foto qui. Uno su cinque di questi bimbi è quasi interamente fasciato, nessuno dà segni di sofferenza. Alcuni adulti giacciono sulle stuoie. Gemono. C’è una donna che si prende cura del marito, ha gli occhi pieni di lacrime. La guida continua a fissarmi. «Cammino tra i rifiuti, parlo con due fisici generici e uno specialista di raggi X. Ottengo così un gran numero di informazioni e opinioni. Le cifre cambiano continuamente. Questa settimana l’ospedale ha accolto 750 pazienti colpiti dalle radiazioni originate dalla bomba e ne ha persi 360. Il 70% circa dei decessi è dovuto alle ustioni». Un miglio di morte «I giapponesi sostengono che chiunque sia stato raggiunto dalle radiazioni nel raggio di un miglio è morto per le bruciature. «Vedo una donna sistemata su una stuoia gialla. I medici mi dicono che è stata appena portata in ospedale. Le sue gambe nude sono punteggiate di macchie rosse che traspaiono dalle bende. Accanto a lei, una ragazzina di 15 anni con le stesse macchioline ha delle croste di sangue sul naso. Più avanti, alla finestra, quattro bambini sotto gli otto anni. I due più piccoli hanno perso i capelli». Gli ex prigionieri Weller avvicina alcuni militari americani sopravvissuti alla prigionia nei campi giapponesi. I soldati vagano tra le macerie. «Sono i prigionieri dei campi di Kyushu, l’isola più a Sud del Giappone, a fornire ulteriori tasselli del mosaico. Dal campo n.3 di Tabata nei pressi di Mojie, a Nord di Kyushu, arrivano tre ex prigionieri venuti qui per verificare gli effetti della bomba atomica. Miles Mahnke è nato a Chicago, racconta: "Ero a Bataan. Non immagini cosa è stato". «Altri quattro ex prigionieri vagabondi arrivano da campi in cui i comandanti e le guardie giapponesi sono semplicemente scomparsi: Albert Johnson, dall’Ohio; Hershel Langston, dal Kansas; Morris Kellogg, dal Texas, tutti membri dell’equipaggio del Connecticut, che ora girano il Giappone. A Kyushu ci sono circa diecimila prigionieri. Nel campo n.2, all’ingresso di Nagasaki Bay, trovo 68 sopravvissuti del British Cruiser Exeter, affondato nella battaglia del Mare di Giava». Spettri tra gli spettri. Il 9 settembre Weller torna in ospedale. « Il male causato dalla bomba, senza cura perché senza diagnosi, continua a mietere vite. Uomini, donne, bambini apparentemente privi di segni di malattia e ferite muoiono ogni giorno, alcuni dopo essersi trattenuti nei dintorni per settimane nella speranza di sottrarsi agli effetti della bomba. I medici dispongono di medicinali moderni ma confessano candidamente che la risposta alla situazione è al di sopra delle loro capacità. «Secondo il dott. Yosisada Nakashima, specialista in raggi X giunto oggi da Fukuoka, i pazienti sono tormentati dalle conseguenze dei raggi beta gamma. Nakashima non è d’accordo con i fisici generici che hanno raccomandato di chiudere l’area bombardata, convinti che le persone provenienti dalla zona siano state infettate dopo essere state a contatto con il terreno contaminato . Lo scienziato analizza i sintomi: tutti simili: vomito, emorragie sottocutanee. I bambini perdono capelli. Sintomi ricorrenti in caso di sovraesposizione ai raggi Roentgen. Tutte manifestazioni normali ».
Bomba su Nagasaki, il reportage censurato
Le copie delle corrispondenze scritte dal giornalista Weller trovate dal figlio nella sua casa di Roma. Ora un quotidiano giapponese le ha pubblicate Dopo 60 anni rispuntano gli articoli sequestrati dai comandi americani
« Nagasaki è un’isola che assomiglia a Manhattan in forma e dimensioni . Quelli che corrispondono ai versanti del New Jersey e di Manhattan affacciati sul fiume Hudson sono punteggiati di stabilimenti industriali di proprietà delle famiglie Mitsubishi e Kawanami ». Le prime righe del diario di George Weller, il primo reporter straniero entrato a Nagasaki dopo il bombardamento del 9 agosto 1945. « Negli stabilimenti di Kawamani, dove si costruivano navi, lavoravano circa ventimila persone. Gli impianti si trovano a cinque miglia dall’epicentro dell’esplosione. Le verdi colline sono vicine, al di là delle lunghe file di stabilimenti industriali. La stazione ferroviaria, quasi totalmente distrutta, è già attiva ». Weller descrive il risveglio lento e stupefatto della città giapponese. E il tentativo di spiegare la catastrofe. « Un allarme generale era stato dato alle 7 del mattino, quattro ore prima che comparissero i due B-29. La maggior parte della popolazione lo ha ignorato ». Radiazioni letali « I giapponesi hanno sentito alla radio americana che il terreno conserva le radiazioni letali. Ho camminato per ore tra le rovine, lì dove l’odore dei cadaveri in decomposizione è ancora forte: ho provato nausea ma nessun malessere . « Qui a Nagasaki nessuno è ancora riuscito a dimostrare che questa bomba sia diversa dalle altre - prosegue il giornalista, come intenerito di fronte a cittadini sprovveduti e soccorritori impotenti - tranne che per l’intensità dei raggi luminosi ». Weller trascorre un’ora nei locali ormai inanimati dell’Istituto medico di Nagasaki. « Nelle stanze invase dai detriti, solo ratti. Sul lato opposto della vallata, al di là del fiume Urakame, c’è un college americano in cemento di tre piani. Il college si chiama Chin Jei ed è quasi totalmente distrutto. Le autorità giapponesi evidenziano che l’area bombardata era tradizionalmente destinata ai cattolici e ai cristiani. «A guardare la facciata sventrata del consolato americano o quella della cattedrale cattolica, accartocciata come fosse di pan di zenzero, sembra che l’atomica non risparmi nulla di ciò che incontra sul proprio cammino ». L’ospedale L’8 settembre Weller attraversa i corridoi dei due ospedali di Nagasaki, parla con i medici, annota minuziosamente le scene di dolore che gli trafiggono gli occhi. La principale preoccupazione dei medici, poche settimane dopo il bombardamento, resta quella di spiegare l’origine dei sintomi registrati in centinaia di casi. « Gli scheletri degli edifici, che prima ospitavano l’esercito giapponese, rivelano quello che la bomba atomica è in grado di fare all’acciaio e alla pietra, ma gli effetti su carne e ossa umane sono custoditi nei due ospedali della città . « Sono il primo americano ad aver raggiunto Nagasaki, la guida che mi accompagna lo sa bene e puntandomi gli occhi in viso pare chiedere: "Che ne pensi?" «Cosa vorrebbe dirmi? Che l’America ha fatto qualcosa di inumano sganciando quest’arma sul Giappone? Vorrebbe che scrivessi questo? « Ci sono dei bambini, alcuni ustionati, che siedono tra le loro madri. Ieri i giapponesi hanno scattato molte foto qui. Uno su cinque di questi bimbi è quasi interamente fasciato, nessuno dà segni di sofferenza. Alcuni adulti giacciono sulle stuoie. Gemono. C’è una donna che si prende cura del marito, ha gli occhi pieni di lacrime. La guida continua a fissarmi. «Cammino tra i rifiuti, parlo con due fisici generici e uno specialista di raggi X. Ottengo così un gran numero di informazioni e opinioni. Le cifre cambiano continuamente. Questa settimana l’ospedale ha accolto 750 pazienti colpiti dalle radiazioni originate dalla bomba e ne ha persi 360. Il 70% circa dei decessi è dovuto alle ustioni». Un miglio di morte «I giapponesi sostengono che chiunque sia stato raggiunto dalle radiazioni nel raggio di un miglio è morto per le bruciature. «Vedo una donna sistemata su una stuoia gialla. I medici mi dicono che è stata appena portata in ospedale. Le sue gambe nude sono punteggiate di macchie rosse che traspaiono dalle bende. Accanto a lei, una ragazzina di 15 anni con le stesse macchioline ha delle croste di sangue sul naso. Più avanti, alla finestra, quattro bambini sotto gli otto anni. I due più piccoli hanno perso i capelli». Gli ex prigionieri Weller avvicina alcuni militari americani sopravvissuti alla prigionia nei campi giapponesi. I soldati vagano tra le macerie. «Sono i prigionieri dei campi di Kyushu, l’isola più a Sud del Giappone, a fornire ulteriori tasselli del mosaico. Dal campo n.3 di Tabata nei pressi di Mojie, a Nord di Kyushu, arrivano tre ex prigionieri venuti qui per verificare gli effetti della bomba atomica. Miles Mahnke è nato a Chicago, racconta: "Ero a Bataan. Non immagini cosa è stato". «Altri quattro ex prigionieri vagabondi arrivano da campi in cui i comandanti e le guardie giapponesi sono semplicemente scomparsi: Albert Johnson, dall’Ohio; Hershel Langston, dal Kansas; Morris Kellogg, dal Texas, tutti membri dell’equipaggio del Connecticut, che ora girano il Giappone. A Kyushu ci sono circa diecimila prigionieri. Nel campo n.2, all’ingresso di Nagasaki Bay, trovo 68 sopravvissuti del British Cruiser Exeter, affondato nella battaglia del Mare di Giava». Spettri tra gli spettri. Il 9 settembre Weller torna in ospedale. « Il male causato dalla bomba, senza cura perché senza diagnosi, continua a mietere vite. Uomini, donne, bambini apparentemente privi di segni di malattia e ferite muoiono ogni giorno, alcuni dopo essersi trattenuti nei dintorni per settimane nella speranza di sottrarsi agli effetti della bomba. I medici dispongono di medicinali moderni ma confessano candidamente che la risposta alla situazione è al di sopra delle loro capacità. «Secondo il dott. Yosisada Nakashima, specialista in raggi X giunto oggi da Fukuoka, i pazienti sono tormentati dalle conseguenze dei raggi beta gamma. Nakashima non è d’accordo con i fisici generici che hanno raccomandato di chiudere l’area bombardata, convinti che le persone provenienti dalla zona siano state infettate dopo essere state a contatto con il terreno contaminato . Lo scienziato analizza i sintomi: tutti simili: vomito, emorragie sottocutanee. I bambini perdono capelli. Sintomi ricorrenti in caso di sovraesposizione ai raggi Roentgen. Tutte manifestazioni normali ».