Corriere della Sera 20.4.08
Personaggi Bill Bryson ricostruisce le (poche) certezze e demolisce le (molte) leggende: il viaggio in Italia, la fede cattolica, la mano di Marlowe
I misteri di Shakespeare. Thriller, biografie, saggi: così il Bardo è tornato a far parlare di sé
di Ranieri Polese
Un thriller (W di Jennifer Lee Carrell), la biografia ipotetica di Anne Hathaway ( Shakespeare's Wife di Germaine Greer), la ricostruzione romanzesca di un episodio minore della vita del drammaturgo ( The Lodger di Charles Nicholl): sono i casi più recenti di quell'industria di congetture legata al nome e ai misteri del Bardo di Stratford upon Avon. Il primo indaga su un'opera teatrale perduta, il Cardenio, ispirato al Chisciotte di Cervantes; il secondo immagina tutto quello che non sappiamo della donna che sposò Shakespeare nel 1582, gli dette tre figli, restò vedova nel 1616 (ottenendo nel testamento solo «the second best bed», nemmeno il letto matrimoniale!) e morì nel 1623; il terzo estrapola i possibili retroscena del fatto che Shakespeare, nel 1604, vivesse in affitto in una casa della City, proprietà di Christopher Mountjoy, un ugonotto francese stimato fabbricante di cappelli per signora. La sua presenza in quella casa è attestata dagli atti di un processo del 1612, quando il drammaturgo fu chiamato a testimoniare nella causa intentata dal genero di Mountjoy contro il suocero che non gli aveva corrisposto la dote promessa.
Con una vita densa di opere (38 drammi, 154 sonetti, due lunghi poemi e due altri componimenti in versi) e poverissima di fatti documentati, Shakespeare (1564-1616) non ha mai cessato di ispirare ogni genere di supposizioni. Su di lui, peraltro, ogni anno escono mediamente quattromila studi: è un soggetto inesauribile per ogni genere di indagine. Anche quelle più bizzarre, come «Mal d'orecchi e omicidio nell'Amleto» o «Shakespeare e la nazione del Quebec». Ma cosa possiamo dire di sapere veramente su di lui? A questa esigenza di semplificazione e di ripulitura risponde il lavoro di Bill Bryson, lo scrittore americano autore di brillanti libri di viaggio (Notizie da un'isoletta, America perduta)
e di una divertente miscellanea su tutto quello che non sappiamo della scienza ( Breve storia di — quasi — tutto). Pubblicato nella collana di Atlas Books (HarperCollins) dedicata alle biografie, Shakespeare: The World as a Stage, esce a fine mese in traduzione italiana da Guanda, con il titolo Il mondo è un teatro. La vita e l'opera di William Shakespeare (traduzione Stefano Bortolussi, pp. 246, e 15).
Troppe congetture
Secondo un esperto citato da Bryson «ogni biografia di Shakespeare è formata al 5 per cento di fatti e al 95 per cento di congetture». In caccia di fatti, molti studiosi, pertanto, si dedicano alle ricerche di archivio, nella speranza di trovare il nome del poeta in qualche carta. Lo spoglio sistematico dei documenti d'archivio era cominciato ufficialmente agli inizi del '900, quando una coppia di americani (Charles e Hulda Wallace) passò lunghi periodi in Inghilterra esaminando milioni di documenti dell'epoca. A loro si deve la scoperta della testimonianza resa da Shakespeare nel processo contro Mountjoy (1612, con firma dello stesso poeta). Deluso per i mancati riconoscimenti, Charles Wallace se ne tornò in America, dove fece fortuna come proprietario di pozzi di petrolio. Da allora la ricerca prosegue; potrebbe ancora dare dei frutti anche se, nota Bryson, da queste indagini escono solo atti legali e certificati di proprietà. Sulla personalità del poeta, i suoi affetti, i suoi interessi culturali gli archivi tacciono.
Le critiche e il sarcasmo di Bryson, però, si appuntano soprattutto sui fabbricanti di congetture, che nei loro lavori passano con grande disinvoltura dalle ipotesi alla certezza assoluta. Per esempio, nel caso dei cosiddetti Lost Years, gli anni perduti (1585-1592), il periodo in cui Shakespeare lascia moglie e tre figli a Stratford per trasferirsi a Londra e cominciare a lavorare in teatro e di cui non sappiamo niente. Partendo dal fatto che Shakespeare produce diversi drammi di ambiente italiano, molti studiosi hanno sostenuto che in quegli anni il giovane William visitò l'Italia. Illazione non proprio lecita, dice Bryson, oltretutto perché i drammi italiani di Shakespeare offrono solo informazioni confuse, inverosimili (per esempio, nella Tempesta e nei Due gentiluomini di Verona, per raggiungere rispettivamente Milano e Verona si va per mare) che tutto provano fuori che una conoscenza diretta del Paese. Più complessa l'altra ipotesi secondo la quale Shakespeare in quegli anni avrebbe prestato servizio come tutore presso una famiglia di nobili cattolici del Nord dell'Inghilterra. Quella di uno Shakespeare segretamente cattolico è una teoria che ha affascinato molti, ma le prove addotte sono poco consistenti. Si dice, per esempio, che fra gli insegnanti della Grammar School presumibilmente frequentata dal giovane William (ma i registri sono perduti) c'era il fratello di un missionario cattolico scoperto e messo a morte nel 1582. Poi si aggiunge la notizia del ritrovamento verso la fine del '700, durante dei lavori nella casa di Shakespeare, del «testamento spirituale» del padre di William, John, che si dichiarava cattolico. Peccato, scrive Bryson, che quel testamento fu perduto poco dopo, e che quindi non si possa valutare la sua autenticità. Peggio di tutti, comunque, sempre secondo Bryson, si comportano quegli studiosi che passano dall'esame dei testi (frequenza di certe parole, uso di determinate espressioni, ecc.) per arrivare a conclusioni assolutamente ingiustificabili. Fra gli altri, quelli che da due sonetti (37 e 89) deducono che Shakespeare zoppicava; o quelli che si immaginano uno Shakespeare marinaio (addirittura insieme a Sir Francis Drake) vista la frequenza di termini marini.
William chi?
La controversia sulla vera identità di Shakespeare (una sorta di Questione omerica per il più grande poeta dell'età moderna) nasce relativamente tardi. Nel 1857, quando un'americana, Delia Bacon, pubblica The Philosophy of the Plays of Shakespeare Unfolded (La filosofia delle opere di S. rivelata). Lì si sostiene che a scrivere i drammi del Bardo fu il filosofo Francis Bacon. La Bacon basava la sua argomentazione sul fatto che le opere di Shakespeare mostrano conoscenze fuori dal comune per un provinciale venuto a Londra per fare l'attore; ma aggiungeva di essere arrivata alla verità grazie alle sue particolari doti intuitive. (Tornata in America nel 1859, la poverina finì i suoi giorni in un manicomio). Il partito dei «baconiani» riscosse subito grande successo, fra l'altro ottenne l'adesione di Henry James e Mark Twain.
Comune a tutti i cosiddetti «antistratfordiani», quelli cioè che non riconoscono la paternità dei drammi all'uomo di Stratford, c'è il pregiudizio di uno Shakespeare troppo rozzo e senza cultura per poter scrivere le opere che vanno sotto il suo nome. Così, nel 1918 si volle «dimostrare» che l'autore vero di drammi, poemi e sonetti era Edward de Vere, conte di Oxford, colto e raffinato uomo di mondo, protettore di una compagnia teatrale e ammirato dalla regina Elisabetta. Peccato — nota Bryson — che Oxford muore nel 1604, quando ancora dovevano nascere molti capolavori shakespeariani. Un altro candidato, inevitabile, è Christopher Marlowe: molti sostengono che non morì nella rissa alla taverna di Deptford nel 1593, ma sotto copertura continuò a scrivere. Anche una donna appare nella lista dei pretendenti, Mary Sidney, sorella del poeta Philip Sidney. Infine — ed è la tesi ripresa dal thriller W di Jennifer Lee Carrell — c'è anche l'idea che dietro il nome di Shakespeare si celassero molti personaggi, fra cui lo stesso Philip Sidney e Walter Raleigh. Ma che valore hanno tutte queste supposizioni? Per Bryson nessuno, sono solo fantasie romanzesche più vicine alle teorie dei complotti che non a seri studi. Ai cultori di questa mania moderna (curiosamente, per circa 200 anni, nessuno mise mai in dubbio l'identità del poeta), ossessionati dal fatto che di un genio così grande si conosca così poco, Bryson ricorda che dei poeti e drammaturghi contemporanei di Shakespeare si conosce molto meno. E ci sono rimaste molte meno opere.
Personaggi Bill Bryson ricostruisce le (poche) certezze e demolisce le (molte) leggende: il viaggio in Italia, la fede cattolica, la mano di Marlowe
I misteri di Shakespeare. Thriller, biografie, saggi: così il Bardo è tornato a far parlare di sé
di Ranieri Polese
Un thriller (W di Jennifer Lee Carrell), la biografia ipotetica di Anne Hathaway ( Shakespeare's Wife di Germaine Greer), la ricostruzione romanzesca di un episodio minore della vita del drammaturgo ( The Lodger di Charles Nicholl): sono i casi più recenti di quell'industria di congetture legata al nome e ai misteri del Bardo di Stratford upon Avon. Il primo indaga su un'opera teatrale perduta, il Cardenio, ispirato al Chisciotte di Cervantes; il secondo immagina tutto quello che non sappiamo della donna che sposò Shakespeare nel 1582, gli dette tre figli, restò vedova nel 1616 (ottenendo nel testamento solo «the second best bed», nemmeno il letto matrimoniale!) e morì nel 1623; il terzo estrapola i possibili retroscena del fatto che Shakespeare, nel 1604, vivesse in affitto in una casa della City, proprietà di Christopher Mountjoy, un ugonotto francese stimato fabbricante di cappelli per signora. La sua presenza in quella casa è attestata dagli atti di un processo del 1612, quando il drammaturgo fu chiamato a testimoniare nella causa intentata dal genero di Mountjoy contro il suocero che non gli aveva corrisposto la dote promessa.
Con una vita densa di opere (38 drammi, 154 sonetti, due lunghi poemi e due altri componimenti in versi) e poverissima di fatti documentati, Shakespeare (1564-1616) non ha mai cessato di ispirare ogni genere di supposizioni. Su di lui, peraltro, ogni anno escono mediamente quattromila studi: è un soggetto inesauribile per ogni genere di indagine. Anche quelle più bizzarre, come «Mal d'orecchi e omicidio nell'Amleto» o «Shakespeare e la nazione del Quebec». Ma cosa possiamo dire di sapere veramente su di lui? A questa esigenza di semplificazione e di ripulitura risponde il lavoro di Bill Bryson, lo scrittore americano autore di brillanti libri di viaggio (Notizie da un'isoletta, America perduta)
e di una divertente miscellanea su tutto quello che non sappiamo della scienza ( Breve storia di — quasi — tutto). Pubblicato nella collana di Atlas Books (HarperCollins) dedicata alle biografie, Shakespeare: The World as a Stage, esce a fine mese in traduzione italiana da Guanda, con il titolo Il mondo è un teatro. La vita e l'opera di William Shakespeare (traduzione Stefano Bortolussi, pp. 246, e 15).
Troppe congetture
Secondo un esperto citato da Bryson «ogni biografia di Shakespeare è formata al 5 per cento di fatti e al 95 per cento di congetture». In caccia di fatti, molti studiosi, pertanto, si dedicano alle ricerche di archivio, nella speranza di trovare il nome del poeta in qualche carta. Lo spoglio sistematico dei documenti d'archivio era cominciato ufficialmente agli inizi del '900, quando una coppia di americani (Charles e Hulda Wallace) passò lunghi periodi in Inghilterra esaminando milioni di documenti dell'epoca. A loro si deve la scoperta della testimonianza resa da Shakespeare nel processo contro Mountjoy (1612, con firma dello stesso poeta). Deluso per i mancati riconoscimenti, Charles Wallace se ne tornò in America, dove fece fortuna come proprietario di pozzi di petrolio. Da allora la ricerca prosegue; potrebbe ancora dare dei frutti anche se, nota Bryson, da queste indagini escono solo atti legali e certificati di proprietà. Sulla personalità del poeta, i suoi affetti, i suoi interessi culturali gli archivi tacciono.
Le critiche e il sarcasmo di Bryson, però, si appuntano soprattutto sui fabbricanti di congetture, che nei loro lavori passano con grande disinvoltura dalle ipotesi alla certezza assoluta. Per esempio, nel caso dei cosiddetti Lost Years, gli anni perduti (1585-1592), il periodo in cui Shakespeare lascia moglie e tre figli a Stratford per trasferirsi a Londra e cominciare a lavorare in teatro e di cui non sappiamo niente. Partendo dal fatto che Shakespeare produce diversi drammi di ambiente italiano, molti studiosi hanno sostenuto che in quegli anni il giovane William visitò l'Italia. Illazione non proprio lecita, dice Bryson, oltretutto perché i drammi italiani di Shakespeare offrono solo informazioni confuse, inverosimili (per esempio, nella Tempesta e nei Due gentiluomini di Verona, per raggiungere rispettivamente Milano e Verona si va per mare) che tutto provano fuori che una conoscenza diretta del Paese. Più complessa l'altra ipotesi secondo la quale Shakespeare in quegli anni avrebbe prestato servizio come tutore presso una famiglia di nobili cattolici del Nord dell'Inghilterra. Quella di uno Shakespeare segretamente cattolico è una teoria che ha affascinato molti, ma le prove addotte sono poco consistenti. Si dice, per esempio, che fra gli insegnanti della Grammar School presumibilmente frequentata dal giovane William (ma i registri sono perduti) c'era il fratello di un missionario cattolico scoperto e messo a morte nel 1582. Poi si aggiunge la notizia del ritrovamento verso la fine del '700, durante dei lavori nella casa di Shakespeare, del «testamento spirituale» del padre di William, John, che si dichiarava cattolico. Peccato, scrive Bryson, che quel testamento fu perduto poco dopo, e che quindi non si possa valutare la sua autenticità. Peggio di tutti, comunque, sempre secondo Bryson, si comportano quegli studiosi che passano dall'esame dei testi (frequenza di certe parole, uso di determinate espressioni, ecc.) per arrivare a conclusioni assolutamente ingiustificabili. Fra gli altri, quelli che da due sonetti (37 e 89) deducono che Shakespeare zoppicava; o quelli che si immaginano uno Shakespeare marinaio (addirittura insieme a Sir Francis Drake) vista la frequenza di termini marini.
William chi?
La controversia sulla vera identità di Shakespeare (una sorta di Questione omerica per il più grande poeta dell'età moderna) nasce relativamente tardi. Nel 1857, quando un'americana, Delia Bacon, pubblica The Philosophy of the Plays of Shakespeare Unfolded (La filosofia delle opere di S. rivelata). Lì si sostiene che a scrivere i drammi del Bardo fu il filosofo Francis Bacon. La Bacon basava la sua argomentazione sul fatto che le opere di Shakespeare mostrano conoscenze fuori dal comune per un provinciale venuto a Londra per fare l'attore; ma aggiungeva di essere arrivata alla verità grazie alle sue particolari doti intuitive. (Tornata in America nel 1859, la poverina finì i suoi giorni in un manicomio). Il partito dei «baconiani» riscosse subito grande successo, fra l'altro ottenne l'adesione di Henry James e Mark Twain.
Comune a tutti i cosiddetti «antistratfordiani», quelli cioè che non riconoscono la paternità dei drammi all'uomo di Stratford, c'è il pregiudizio di uno Shakespeare troppo rozzo e senza cultura per poter scrivere le opere che vanno sotto il suo nome. Così, nel 1918 si volle «dimostrare» che l'autore vero di drammi, poemi e sonetti era Edward de Vere, conte di Oxford, colto e raffinato uomo di mondo, protettore di una compagnia teatrale e ammirato dalla regina Elisabetta. Peccato — nota Bryson — che Oxford muore nel 1604, quando ancora dovevano nascere molti capolavori shakespeariani. Un altro candidato, inevitabile, è Christopher Marlowe: molti sostengono che non morì nella rissa alla taverna di Deptford nel 1593, ma sotto copertura continuò a scrivere. Anche una donna appare nella lista dei pretendenti, Mary Sidney, sorella del poeta Philip Sidney. Infine — ed è la tesi ripresa dal thriller W di Jennifer Lee Carrell — c'è anche l'idea che dietro il nome di Shakespeare si celassero molti personaggi, fra cui lo stesso Philip Sidney e Walter Raleigh. Ma che valore hanno tutte queste supposizioni? Per Bryson nessuno, sono solo fantasie romanzesche più vicine alle teorie dei complotti che non a seri studi. Ai cultori di questa mania moderna (curiosamente, per circa 200 anni, nessuno mise mai in dubbio l'identità del poeta), ossessionati dal fatto che di un genio così grande si conosca così poco, Bryson ricorda che dei poeti e drammaturghi contemporanei di Shakespeare si conosce molto meno. E ci sono rimaste molte meno opere.