Dopo il caso Toaff. Chi imbavaglia di storici
di Piero Ignazi
18-02-2007 Il Sole 24Ore
Ariel Toaff, storico israeliano, stimato studioso degli ebrei italiani del perìodo medievale e rinascimentale, è stato sottoposto nella scorsa settimana a un linciaggio mediatico che non ha riscontri nella storia culturale italiana. Un suo documentatissimo libro —più di un terzo dell'intero volume è riservato alle note, ali 'appendice documentaria e alla bibliografìa—su credenze e riti di ebrei askhenaziti tedeschi presenti anche nell'Italia nord- orientale, Pasque di sangue, è stato bollato d'infamia prima ancora di essere stato letto. Alla recensione in anteprima di Sergio Luzzatto che rendeva onore ali ' «inaudito coraggio intellettuale» dell'autore nell 'affrontare senza pregiudizi l'ignominiosa accusa con cui sono stati martirizzati per secoligli ebrei, ecioè l'uccisione di bambini cristiani per utilizzarne il sangue a scopi rituali, sono seguiti condanne e ingiurie di impressionante violenza. Oltre a minacce personali. Non ci interessa qui, perché non abbiamo la competenza, discutere il valore scientifico di questo libro; molti, anche su questo giornale, lo hanno criticato. Ma questo fa parte del gioco, benché da molti storici (diversamente dal nostro equilihratissimo Giulio Busi) ci si sarebbe aspettato un linguaggio meno livoroso e accaldato. Quello che è inaccettabile è che autorità
religiose, gruppi di pressione, e accademici senza pudore né rigore (valga per tutti l'incredibile rassegna digiudizi demolitori di storici americani e israeliani sul «Corriere della sera» del 13 febbraio nonostante, per mere ragioni temporali, non potessero aver letto il libro, tanto che qualcuno come Kenneth Stow dell'Università di Haifa lo ha pure candidamente confessato) si siano precipitati a lanciare una fatwa contro il libro e la persona di Toaff. La condanna preventiva, «a prescindere» (dalla lettura e dal contenuto), e l'intromissione di organizzazioni, associazioni e personalità extra-accademiche tingono dei colori più foschi questa vicenda. La comunità accademica italiana in nome di principi universali di libertà intellettuale e di ricerca, sanciti solennemente dalla "Magna Charta Vniversitatum"di Bologna firmata da circa 1.000 università del mondo, deve respingere le invasioni di campo, le pressioni (avanzate anche con il ricatto dei finanziamenti), le condanne con richieste dì abiura. Da Galileo in poi sappiamo quanto possa essere rischiosa la ricerca senza pregiudizi e preconcetti, indirizzata anche contro les idecs ree, ues. Dopo i casi eclatanti di Salman Rushdie e Orhan Pamuk la lista degli scrittori vittime dell'intolleranza e del fanatismo rischia di estendersi, includendovi anche gli storici. Ripetiamolo: non ci interessa sapere se Taoff abbia o no
ragione nel suo lavoro; questo lo decide la comunità accademica, l'unica intitolata a dare giudizi. Gli altri, per cortesia, si astengano. Non vorremmo proprio vedere, in un Paese intellettualmente tra i più liberi e spregiudicati del mondo come Israele, il rogo di un libro proibito e la maledizione del suo autore. Sarebbe tragico che facessero breccia anche nelle nostre democrazìe i depositari della verità assoluta, i fondamentalisti di ogni colore, i custodi delle ortodossie, i timorosi del nuovo. Non abbiamo proprio bisogno di un orwelliano ministro della Storia.
di Piero Ignazi
18-02-2007 Il Sole 24Ore
Ariel Toaff, storico israeliano, stimato studioso degli ebrei italiani del perìodo medievale e rinascimentale, è stato sottoposto nella scorsa settimana a un linciaggio mediatico che non ha riscontri nella storia culturale italiana. Un suo documentatissimo libro —più di un terzo dell'intero volume è riservato alle note, ali 'appendice documentaria e alla bibliografìa—su credenze e riti di ebrei askhenaziti tedeschi presenti anche nell'Italia nord- orientale, Pasque di sangue, è stato bollato d'infamia prima ancora di essere stato letto. Alla recensione in anteprima di Sergio Luzzatto che rendeva onore ali ' «inaudito coraggio intellettuale» dell'autore nell 'affrontare senza pregiudizi l'ignominiosa accusa con cui sono stati martirizzati per secoligli ebrei, ecioè l'uccisione di bambini cristiani per utilizzarne il sangue a scopi rituali, sono seguiti condanne e ingiurie di impressionante violenza. Oltre a minacce personali. Non ci interessa qui, perché non abbiamo la competenza, discutere il valore scientifico di questo libro; molti, anche su questo giornale, lo hanno criticato. Ma questo fa parte del gioco, benché da molti storici (diversamente dal nostro equilihratissimo Giulio Busi) ci si sarebbe aspettato un linguaggio meno livoroso e accaldato. Quello che è inaccettabile è che autorità
religiose, gruppi di pressione, e accademici senza pudore né rigore (valga per tutti l'incredibile rassegna digiudizi demolitori di storici americani e israeliani sul «Corriere della sera» del 13 febbraio nonostante, per mere ragioni temporali, non potessero aver letto il libro, tanto che qualcuno come Kenneth Stow dell'Università di Haifa lo ha pure candidamente confessato) si siano precipitati a lanciare una fatwa contro il libro e la persona di Toaff. La condanna preventiva, «a prescindere» (dalla lettura e dal contenuto), e l'intromissione di organizzazioni, associazioni e personalità extra-accademiche tingono dei colori più foschi questa vicenda. La comunità accademica italiana in nome di principi universali di libertà intellettuale e di ricerca, sanciti solennemente dalla "Magna Charta Vniversitatum"di Bologna firmata da circa 1.000 università del mondo, deve respingere le invasioni di campo, le pressioni (avanzate anche con il ricatto dei finanziamenti), le condanne con richieste dì abiura. Da Galileo in poi sappiamo quanto possa essere rischiosa la ricerca senza pregiudizi e preconcetti, indirizzata anche contro les idecs ree, ues. Dopo i casi eclatanti di Salman Rushdie e Orhan Pamuk la lista degli scrittori vittime dell'intolleranza e del fanatismo rischia di estendersi, includendovi anche gli storici. Ripetiamolo: non ci interessa sapere se Taoff abbia o no
ragione nel suo lavoro; questo lo decide la comunità accademica, l'unica intitolata a dare giudizi. Gli altri, per cortesia, si astengano. Non vorremmo proprio vedere, in un Paese intellettualmente tra i più liberi e spregiudicati del mondo come Israele, il rogo di un libro proibito e la maledizione del suo autore. Sarebbe tragico che facessero breccia anche nelle nostre democrazìe i depositari della verità assoluta, i fondamentalisti di ogni colore, i custodi delle ortodossie, i timorosi del nuovo. Non abbiamo proprio bisogno di un orwelliano ministro della Storia.