INQUISIZIONE
Quattrocento anni fa veniva bruciato il filosofo di Nola.
Un saggio spiega perche' non volle sottomettersi all' intolleranza religiosa del suo tempo
GIORDANO BRUNO L' impenitenza sul rogo
"Fecero di tutto per salvarlo Ma era troppo orgoglioso per abiurare"
Quattrocento anni fa veniva bruciato il filosofo di Nola. Un saggio spiega perche' non volle sottomettersi all' intolleranza religiosa del suo tempo GIORDANO BRUNO L' impenitenza sul rogo "Fecero di tutto per salvarlo Ma era troppo orgoglioso per abiurare" Giovedi' 17 febbraio 1600: questi giorni, quattro secoli fa. A Roma, in Campo de' Fiori, si brucia un uomo. "piccolo, scarno, con un pocco di barba nera, di eta' de circa quaranta anni". Tutt' intorno, c' era, anche allora, un grande Giubileo. In una citta' splendidamente rinnovata, milioni di pellegrini visitavano chiese e monumenti: l' eta' della Chiesa primitiva riaffiorava dal mondo sotterraneo delle catacombe da poco scoperte, quella del rinnovamento tridentino risplendeva nei santi recenti, fondatori di grandi ordini e combattenti della fede. Era stato indetto un "anno di remissione e di perdono, di vera indulgenza e di spirituale allegrezza". Ma non ci fu perdono per Giordano Bruno. Perche' ? Cerchiamo la risposta nel robustamente documentato e pur leggibilissimo volume che Saverio Ricci, eccellente conoscitore di Giordano Bruno, ha dato alle stampe in questi giorni, "Giordano Bruno nell' Europa del Cinquecento": frutto maturo di una grande tradizione di studi, l' opera spicca al di sopra di un panorama librario affollato e disuguale perche' non ha niente di occasionale o di frettoloso. Il classico ma invecchiato lavoro di Vincenzo Spampanato ha trovato finalmente chi lo puo' degnamente rimpiazzare. Quando la polvere dell' anno giubilare e delle sue polemiche si sara' posata, questo libro continuera' a conquistare i lettori. Attraverso le sue pagine, seguiamo la vicenda di Giordano Bruno su quello scenario europeo dove il nome del suo luogo d' origine - Nola - fu portato da lui con protagonistica fierezza, convinto assertore com' era delle virtu' magiche dei nomi e dei luoghi. Lo straordinario e orgoglioso senso di se' dell' uomo emerge dal modo in cui, nelle sue avventure intellettuali, cerco' il confronto con le piu' grandi corti e universita' di Marburgo e di Wittenberg, la magica Praga di Rodolfo II, Tubinga, Francoforte. Il ritorno in Italia avvenne per la porta di quella Venezia a cui tanti guardavano come unico Stato italiano libero dall' egemonia spagnola e papale e che fu, invece, per Giordano Bruno, la porta infida su di una lunga prigionia, conclusa tragicamente. Quel percorso europeo fu una serie ininterrotta di conflitti con i circoli intellettuali e religiosi dominanti. Arrivato a Ginevra non per diventarvi calvinista ma per "viver libero et essere sicuro", come dichiaro' al napoletano Galeazzo Caracciolo marchese di Vico, interpreto' in modo aggressivo la sua liberta' criticando per iscritto un professore dell' Accademia. Fu processato dal tribunale del concistoro e condannato. Dovette chiedere perdono. Alla corte di Elisabetta I non ando' molto meglio. Anche qui, l' intolleranza filosofica e religiosa - in un contesto politico e culturale illuminato finemente da Ricci - si dettero la mano: la pretesa di Bruno di sostenere la tesi copernicana fin dalla prima lezione che tenne a Oxford suscito' reazioni violente, lazzi e derisioni. Un testimone riferi' : "Tentava di far stare in piedi l' opinione di Copernico, per cui la terra gira e i cieli stanno fermi; mentre in verita' , era piuttosto la sua testa che girava, e il suo cervello che non stava fermo". Ma le radici dello scontro non erano solo nel conservatorismo delle universita' inglesi. Il fatto e' che Bruno rifiutava radicalmente la severa idea puritana della predestinazione. Rifiutava il principio d' autorita' : "Lui non vedea per gli occhi di Copernico, ne' di Ptolomeo, ma per i proprii"; criticava l' evento che piu' inorgogliva la boria europea dell' epoca, cioe' la scoperta dell' America, in cui vedeva solo una tragedia di sopraffazioni; vedeva nell' intera Riforma protestante il trionfo di una "poltronesca setta di pedanti". Il panorama europeo, visto attraverso l' esperienza che ne fece Giordano Bruno, appare dunque chiuso e intollerante. Eppure, di tutte le accuse, le vicende giudiziarie e le disavventure in cui questo scomodissimo, geniale e turbolento frate si ando' a cacciare, l' unica a cui non sopravvisse la incontro' non in terra straniera e protestante ma proprio in quella Italia cattolica dalla quale era meno intellettualmente lontano. D' altronde, va detto che il processo d' Inquisizione (e l' esecuzione capitale che ne segui' ) non ebbero niente di eccezionale, niente di illegale, niente di gratuitamente crudele. Giordano Bruno ebbe un lungo, accuratissimo processo, nel rispetto piu' accurato di regole severe. Se ne occuparono teologi e giuristi preparati, di non banale spessore intellettuale. Basti citare il nome del gesuita Roberto Bellarmino, che era stato capace di sfidare l' irritazione del papa con la sua negazione del potere papale diretto sulle materie temporali. Lo avrebbero santificato, ben presto: e prima di morire, fece in tempo a porre le premesse del processo a Galileo. Tra i potenti personaggi che giudicarono il Nolano, c' era il cardinale Borghese, che doveva diventare papa Paolo V e costringere nei secoli i cattolici a venerare il nome della sua famiglia inciso nel bel mezzo della facciata della basilica vaticana. Quel tribunale che governava dal vertice la vita della Chiesa non amava versare il sangue: preferiva salvare le anime. Chiedeva solo una cerimonia di abiura. Nei secoli, la stragrande maggioranza di chi passo' davanti al tribunale trovo' accettabile questa soluzione. Pochissimi la rifiutarono. Tra questi, Giordano Bruno. Il tribunale tento' fino alla fine di farlo recedere: furono concesse proroghe, tentate persuasioni. Niente da fare. Pertinace e impenitente, il Nolano incarno' fino alla fine il tipo d' uomo contro il quale il tribunale dell' Inquisizione era sorto: quello dell' individuo che preferisce sbagliare da solo. Era un uomo litigioso, insopportabilmente pieno di se' . Diceva bestemmie, secondo il cristianesimo ufficiale. Marin Mersenne si meravigliava che ci fossero persone "cosi' sciagurate e insensibili alla salvezza della loro anima, che cercano di riposare il loro spirito tra queste empieta". Un uomo come Alberico Gentili trovava le sue idee "false, e assurde e sciocche opinioni". Nessuno poteva immaginare che le idee di quel piccolo uomo presuntuoso avrebbero lasciato cosi' lunga memoria di se' . Ma il problema, in fondo, e' tutto qui: nell' esito mortale del rapporto tra un tribunale ben regolato e ponderato e un piccolo uomo dalle idee stravaganti, che obbediva solo alle "divine leggi" di una moralita' superiore, "inscolpite nel centro del nostro cuore". Oggi, forse, all' ombra di Giordano Bruno gli eredi di quel tribunale chiederanno perdono per quella morte. Un dialogo impossibile, tra sordi, tra assenti: sordo allora Giordano Bruno a chi lo spingeva a domandare perdono e ad abiurare le sue idee, assente oggi e insieme incombente, come possono esserlo solo i morti.
di ADRIANO PROSPERI
I LIBRI Il libro di Saverio Ricci "Giordano Bruno nell' Europa del Cinquecento" (ed. Salerno, pp. 630, L. 58.000) sara' presentato giovedi' 3 febbraio, alle 18, alla Sala delle Conferenze della rivista "Civilta' Cattolica" (Roma, via di Porta Pinciana 1) alla presenza del cardinale Paul Poupard. Il 15 febbraio nei Meridiani Mondadori usciranno i "Dialoghi filosofici italiani" di Giordano Bruno (pp. 1.600, L. 85.000), mentre la Bur pubblica il "Giordano Bruno" di Eugen Drewermann (pp. 306, L. 15.000). Le opere complete di Giordano Bruno sono curate dal Centro internazionale studi bruniani di Napoli (www.giordanobruno.it), in una collana diretta da Nuccio Ordine e Yves Hersant.
Prosperi Adriano
Pagina 33
(27 gennaio 2000) - Corriere della Sera
Quattrocento anni fa veniva bruciato il filosofo di Nola.
Un saggio spiega perche' non volle sottomettersi all' intolleranza religiosa del suo tempo
GIORDANO BRUNO L' impenitenza sul rogo
"Fecero di tutto per salvarlo Ma era troppo orgoglioso per abiurare"
Quattrocento anni fa veniva bruciato il filosofo di Nola. Un saggio spiega perche' non volle sottomettersi all' intolleranza religiosa del suo tempo GIORDANO BRUNO L' impenitenza sul rogo "Fecero di tutto per salvarlo Ma era troppo orgoglioso per abiurare" Giovedi' 17 febbraio 1600: questi giorni, quattro secoli fa. A Roma, in Campo de' Fiori, si brucia un uomo. "piccolo, scarno, con un pocco di barba nera, di eta' de circa quaranta anni". Tutt' intorno, c' era, anche allora, un grande Giubileo. In una citta' splendidamente rinnovata, milioni di pellegrini visitavano chiese e monumenti: l' eta' della Chiesa primitiva riaffiorava dal mondo sotterraneo delle catacombe da poco scoperte, quella del rinnovamento tridentino risplendeva nei santi recenti, fondatori di grandi ordini e combattenti della fede. Era stato indetto un "anno di remissione e di perdono, di vera indulgenza e di spirituale allegrezza". Ma non ci fu perdono per Giordano Bruno. Perche' ? Cerchiamo la risposta nel robustamente documentato e pur leggibilissimo volume che Saverio Ricci, eccellente conoscitore di Giordano Bruno, ha dato alle stampe in questi giorni, "Giordano Bruno nell' Europa del Cinquecento": frutto maturo di una grande tradizione di studi, l' opera spicca al di sopra di un panorama librario affollato e disuguale perche' non ha niente di occasionale o di frettoloso. Il classico ma invecchiato lavoro di Vincenzo Spampanato ha trovato finalmente chi lo puo' degnamente rimpiazzare. Quando la polvere dell' anno giubilare e delle sue polemiche si sara' posata, questo libro continuera' a conquistare i lettori. Attraverso le sue pagine, seguiamo la vicenda di Giordano Bruno su quello scenario europeo dove il nome del suo luogo d' origine - Nola - fu portato da lui con protagonistica fierezza, convinto assertore com' era delle virtu' magiche dei nomi e dei luoghi. Lo straordinario e orgoglioso senso di se' dell' uomo emerge dal modo in cui, nelle sue avventure intellettuali, cerco' il confronto con le piu' grandi corti e universita' di Marburgo e di Wittenberg, la magica Praga di Rodolfo II, Tubinga, Francoforte. Il ritorno in Italia avvenne per la porta di quella Venezia a cui tanti guardavano come unico Stato italiano libero dall' egemonia spagnola e papale e che fu, invece, per Giordano Bruno, la porta infida su di una lunga prigionia, conclusa tragicamente. Quel percorso europeo fu una serie ininterrotta di conflitti con i circoli intellettuali e religiosi dominanti. Arrivato a Ginevra non per diventarvi calvinista ma per "viver libero et essere sicuro", come dichiaro' al napoletano Galeazzo Caracciolo marchese di Vico, interpreto' in modo aggressivo la sua liberta' criticando per iscritto un professore dell' Accademia. Fu processato dal tribunale del concistoro e condannato. Dovette chiedere perdono. Alla corte di Elisabetta I non ando' molto meglio. Anche qui, l' intolleranza filosofica e religiosa - in un contesto politico e culturale illuminato finemente da Ricci - si dettero la mano: la pretesa di Bruno di sostenere la tesi copernicana fin dalla prima lezione che tenne a Oxford suscito' reazioni violente, lazzi e derisioni. Un testimone riferi' : "Tentava di far stare in piedi l' opinione di Copernico, per cui la terra gira e i cieli stanno fermi; mentre in verita' , era piuttosto la sua testa che girava, e il suo cervello che non stava fermo". Ma le radici dello scontro non erano solo nel conservatorismo delle universita' inglesi. Il fatto e' che Bruno rifiutava radicalmente la severa idea puritana della predestinazione. Rifiutava il principio d' autorita' : "Lui non vedea per gli occhi di Copernico, ne' di Ptolomeo, ma per i proprii"; criticava l' evento che piu' inorgogliva la boria europea dell' epoca, cioe' la scoperta dell' America, in cui vedeva solo una tragedia di sopraffazioni; vedeva nell' intera Riforma protestante il trionfo di una "poltronesca setta di pedanti". Il panorama europeo, visto attraverso l' esperienza che ne fece Giordano Bruno, appare dunque chiuso e intollerante. Eppure, di tutte le accuse, le vicende giudiziarie e le disavventure in cui questo scomodissimo, geniale e turbolento frate si ando' a cacciare, l' unica a cui non sopravvisse la incontro' non in terra straniera e protestante ma proprio in quella Italia cattolica dalla quale era meno intellettualmente lontano. D' altronde, va detto che il processo d' Inquisizione (e l' esecuzione capitale che ne segui' ) non ebbero niente di eccezionale, niente di illegale, niente di gratuitamente crudele. Giordano Bruno ebbe un lungo, accuratissimo processo, nel rispetto piu' accurato di regole severe. Se ne occuparono teologi e giuristi preparati, di non banale spessore intellettuale. Basti citare il nome del gesuita Roberto Bellarmino, che era stato capace di sfidare l' irritazione del papa con la sua negazione del potere papale diretto sulle materie temporali. Lo avrebbero santificato, ben presto: e prima di morire, fece in tempo a porre le premesse del processo a Galileo. Tra i potenti personaggi che giudicarono il Nolano, c' era il cardinale Borghese, che doveva diventare papa Paolo V e costringere nei secoli i cattolici a venerare il nome della sua famiglia inciso nel bel mezzo della facciata della basilica vaticana. Quel tribunale che governava dal vertice la vita della Chiesa non amava versare il sangue: preferiva salvare le anime. Chiedeva solo una cerimonia di abiura. Nei secoli, la stragrande maggioranza di chi passo' davanti al tribunale trovo' accettabile questa soluzione. Pochissimi la rifiutarono. Tra questi, Giordano Bruno. Il tribunale tento' fino alla fine di farlo recedere: furono concesse proroghe, tentate persuasioni. Niente da fare. Pertinace e impenitente, il Nolano incarno' fino alla fine il tipo d' uomo contro il quale il tribunale dell' Inquisizione era sorto: quello dell' individuo che preferisce sbagliare da solo. Era un uomo litigioso, insopportabilmente pieno di se' . Diceva bestemmie, secondo il cristianesimo ufficiale. Marin Mersenne si meravigliava che ci fossero persone "cosi' sciagurate e insensibili alla salvezza della loro anima, che cercano di riposare il loro spirito tra queste empieta". Un uomo come Alberico Gentili trovava le sue idee "false, e assurde e sciocche opinioni". Nessuno poteva immaginare che le idee di quel piccolo uomo presuntuoso avrebbero lasciato cosi' lunga memoria di se' . Ma il problema, in fondo, e' tutto qui: nell' esito mortale del rapporto tra un tribunale ben regolato e ponderato e un piccolo uomo dalle idee stravaganti, che obbediva solo alle "divine leggi" di una moralita' superiore, "inscolpite nel centro del nostro cuore". Oggi, forse, all' ombra di Giordano Bruno gli eredi di quel tribunale chiederanno perdono per quella morte. Un dialogo impossibile, tra sordi, tra assenti: sordo allora Giordano Bruno a chi lo spingeva a domandare perdono e ad abiurare le sue idee, assente oggi e insieme incombente, come possono esserlo solo i morti.
di ADRIANO PROSPERI
I LIBRI Il libro di Saverio Ricci "Giordano Bruno nell' Europa del Cinquecento" (ed. Salerno, pp. 630, L. 58.000) sara' presentato giovedi' 3 febbraio, alle 18, alla Sala delle Conferenze della rivista "Civilta' Cattolica" (Roma, via di Porta Pinciana 1) alla presenza del cardinale Paul Poupard. Il 15 febbraio nei Meridiani Mondadori usciranno i "Dialoghi filosofici italiani" di Giordano Bruno (pp. 1.600, L. 85.000), mentre la Bur pubblica il "Giordano Bruno" di Eugen Drewermann (pp. 306, L. 15.000). Le opere complete di Giordano Bruno sono curate dal Centro internazionale studi bruniani di Napoli (www.giordanobruno.it), in una collana diretta da Nuccio Ordine e Yves Hersant.
Prosperi Adriano
Pagina 33
(27 gennaio 2000) - Corriere della Sera