Dalla quarta di copertina:
Questo libro non fa parte della letteratura di protesta e di insofferenza;
appartiene piuttosto alla letteratura critica. Sono pagine che ignorano
qualsiasi forma di esaltazione, che non sono mai polemiche e che non nascono da
risentimenti. Amalrik ha preferito saltare a pie’ pari gli strumenti della
polemica indiretta e dichiarare senza alcun accorgimento quella che gli
sembrava la verità.
E’ l’opposizione più matura, meno legata a un rapporto sentimentale, non
coinvolta in gridi di ribellione o soltanto di passione. E’ il tentativo di
portare al di fuori del quadro delle reazioni immediate il discorso sulle sorti
dell’URSS. Questo è un documento sobrio e controllato; una testimonianza tanto
più preziosa, in quanto è precisa e nétta. Amalrik fissa i termini del dramma
sovietico; declino dei valori ideologici; incapacità di invenzione politica dei
dirigenti: indifferenza della classe media. L’autore ha posto il problema in
termini prevalentemente umani; parla da cittadino che ha coscienza di quello
che sta avvenendo nel mondo. Questo fa sì che il suo libro non resti chiuso e
legato a un destino particolare. Limitare il senso del suo discorso alla storia
del futuro dell’URSS sarebbe tradirne lo spirito e le intenzioni; il discorso
coinvolge in qualche modo il nostro futuro e tende a portare la questione del
regime sovietico su un piano e in un ordine generale.
Amalrik sconta oggi in carcere il suo coraggio.