Corriere della Sera 9.4.09
L’autore del «Trattato di ateologia» presenta il nuovo manifesto edonista, «La potenza di esistere», e corregge Sartre
Addio matrimonio cristiano Liberi, ma con discrezione
Il filosofo Michel Onfray: mai spiare gli sms
di Stefano Montefiori
La potenza di esistere è un libro ambizioso: «Nulla da temere dalla morte. L’essenziale consiste nel non morire già in vita».
CAEN — Nei camerini del teatro di Caen, poco prima della lezione gratuita su Nietzsche seguita da oltre mille persone, il filosofo Michel Onfray offre qualche ripetizione sul corretto uso del telefonino: «Mai spiare i messaggi ricevuti dalla propria compagna o controllare il registro delle chiamate: chi cerca trova, e non è detto sia un bene». La buona educazione e la discrezione sono virtù fondamentali per chi voglia praticare il manifesto edonista stilato da Onfray in La potenza di esistere (Ponte alle Grazie, traduzione di Gregorio De Paola, pagine 203, e 15), quintessenza delle sue 50 opere da oggi nelle librerie. Un saggio che alterna paragrafi intitolati «hapax esistenziale» o «episteme ebraico-cristiana» a frasi più concretamente dedicate agli amori terreni e alle trappole della gelosia.
Questa apparente miscela di Lucrezio, Spinoza e Cosmopolitan è valsa a Onfray il sussiego quando non l’odio di molta critica, e un successo popolare straordinario in tutto il mondo. Anche in Italia il Trattato di ateologia ha goduto di un seguito non certo di nicchia, sull’onda di un riflusso anticlericale che trova il suo altro eroe internazionale nell’inglese Richard Dawkins («non mi piace, troppo rozzo»). «Nel Trattato di ateologia ho parlato di Dio come finzione purtroppo tuttora necessaria per molti uomini — spiega Onfray — e ho contestato tutte le religioni.
La potenza di esistere è invece la pars construens, la mia proposta per vivere in modo consapevole, etico, gioioso».
Onfray teorizza la necessità di una filosofia pragmatica che dimostri il suo valore nel suo essere applicabile nella vita di tutti i giorni, in coda dal fornaio o viaggiando in treno. Per questo, e per le sue folgoranti apparizioni televisive (dove con rapida parlantina ha maltrattato avversari di peso, da Jacques Attali a Philippe Sollers), i detrattori lo hanno definito «filosofo da supermercato». Disistima del tutto ricambiata. Come il divulgatore britannico Julian Baggini, Onfray detesta l’elitarismo e la filosofia accademica: «Io sono fuori dal mondo, continuo a vivere qui in Normandia, con i miei allievi dell’Università popolare di Caen da me fondata; non vengo mai invitato nei salotti parigini e ne sono felice. Detesto i filosofi di professione, quelli che si riempiono la bocca di metafisica dal lunedì al venerdì e dalle 9 alle 5».
In realtà, a giudicare da almeno un paio di copertine (Lire e Nouvel Observateur), dalla presenza su radio e tv e dalla celebre lunga intervista a Nicolas Sarkozy pochi mesi prima dell’elezione all’Eliseo, Michel Onfray è più una star che un outsider. E questa non è l’unica contraddizione del personaggio. Nella copertina della Potenza di esistere appare vestito di nero, aria grave. Onfray sorride con parsimonia. Non che debba per forza mostrarsi con belle donne bevendo champagne, ma il suo sarebbe pur sempre un «manifesto edonista».
Però è dal dolore che bisogna partire, purtroppo. La prefazione è il racconto dello spaventoso periodo trascorso in un orfanotrofio dei salesiani, dai 10 ai 14 anni, abbandonato dalla madre stanca di picchiarlo dopo essere stata a sua volta maltrattata dai genitori. Sono 30 pagine tragiche e commoventi, dominate dal sadismo dei preti, e concluse da parole di perdono verso la madre: «Si diventa davvero maggiorenni rivolgendo, a coloro che ci hanno aizzato contro i cani senza sapere quel che facevano, il gesto di pace necessario a una vita che superi il risentimento. La magnanimità è una virtù da adulti». La dedica del libro è «A mia madre ritrovata».
Un uomo capace di superare una simile adolescenza e un infarto grave patito a 28 anni ha forse qualche dote di resilienza da offrire ai suoi simili. E se non ci si lascia contagiare dal virus della supponenza verso qualcuno giudicato troppo letto per essere un vero filosofo, il resto del libro è un interessante percorso di rifiuto della tradizione filosofica idealista, del mito giudaico-cristiano della nobiltà della sofferenza, verso un «erotismo solare» e una «bioetica prometeica». «Bisogna praticare una sorta di aritmetica del piacere, abituarsi a calcolarlo per sé e per gli altri — spiega Onfray —. Per l’uomo della strada, l’utilitarismo indica il comportamento di chi è interessato, incapace di generosità e gratuità. Siamo agli antipodi del pensiero di Jeremy Bentham e di John Stuart Mill, per i quali il principio di utilità significa “maggiore felicità per il maggior numero”».
In tempi di ridefinizione dei rapporti di coppia, e di prevalenza del divorzio, Onfray auspica la leggerezza, la consapevolezza, il contratto tra due persone che ridiscutono continuamente i termini del loro accordo — per una sera, per una vacanza, per la vita, per il desiderio, l’amore o il sesso. Senza inganni. «Il matrimonio tramandato da duemila anni di cristianesimo, fatto di promesse vane, di Principi Azzurri e donne ideali, è una macchina produttrice di ipocrisia e infelicità».
Un nuovo cantore dell’Amore liquido post-moderno, effimero e consumista, già definito e criticato da Zygmunt Bauman? «No, condivido la critica al consumismo relazionale, al nichilismo del sesso — risponde Onfray —. Penso che il sesso triste sia un prodotto del cristianesimo, come lo sono del resto Sade e Bataille, la faccia libertina di una medaglia che esibisce sull’altro lato la figura del santo. I sentimenti duraturi sono una conquista faticosa, da raggiungere in due, con una specie di dieta erotica da seguire in coppia, senza necessariamente mortificarsi, in piena libertà». Coerentemente con le premesse di filosofia pragmatica e vissuta in prima persona, Onfray spiega di vivere da otto anni con una compagna, senza vincoli di fedeltà. E qui rispunta l’etica del telefonino. «La lezione di Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir è che l’idea di raccontarsi tutto nel dettaglio, di essere onesti fino alla crudeltà, non funziona. Sartre e Beauvoir tenevano a informarsi degli orgasmi avuti con altri partner, ma poi ne soffrivano immensamente. Dobbiamo ricordarci che siamo pur sempre dei mammiferi, che siamo preda della gelosia».
L’autore del «Trattato di ateologia» presenta il nuovo manifesto edonista, «La potenza di esistere», e corregge Sartre
Addio matrimonio cristiano Liberi, ma con discrezione
Il filosofo Michel Onfray: mai spiare gli sms
di Stefano Montefiori
La potenza di esistere è un libro ambizioso: «Nulla da temere dalla morte. L’essenziale consiste nel non morire già in vita».
CAEN — Nei camerini del teatro di Caen, poco prima della lezione gratuita su Nietzsche seguita da oltre mille persone, il filosofo Michel Onfray offre qualche ripetizione sul corretto uso del telefonino: «Mai spiare i messaggi ricevuti dalla propria compagna o controllare il registro delle chiamate: chi cerca trova, e non è detto sia un bene». La buona educazione e la discrezione sono virtù fondamentali per chi voglia praticare il manifesto edonista stilato da Onfray in La potenza di esistere (Ponte alle Grazie, traduzione di Gregorio De Paola, pagine 203, e 15), quintessenza delle sue 50 opere da oggi nelle librerie. Un saggio che alterna paragrafi intitolati «hapax esistenziale» o «episteme ebraico-cristiana» a frasi più concretamente dedicate agli amori terreni e alle trappole della gelosia.
Questa apparente miscela di Lucrezio, Spinoza e Cosmopolitan è valsa a Onfray il sussiego quando non l’odio di molta critica, e un successo popolare straordinario in tutto il mondo. Anche in Italia il Trattato di ateologia ha goduto di un seguito non certo di nicchia, sull’onda di un riflusso anticlericale che trova il suo altro eroe internazionale nell’inglese Richard Dawkins («non mi piace, troppo rozzo»). «Nel Trattato di ateologia ho parlato di Dio come finzione purtroppo tuttora necessaria per molti uomini — spiega Onfray — e ho contestato tutte le religioni.
La potenza di esistere è invece la pars construens, la mia proposta per vivere in modo consapevole, etico, gioioso».
Onfray teorizza la necessità di una filosofia pragmatica che dimostri il suo valore nel suo essere applicabile nella vita di tutti i giorni, in coda dal fornaio o viaggiando in treno. Per questo, e per le sue folgoranti apparizioni televisive (dove con rapida parlantina ha maltrattato avversari di peso, da Jacques Attali a Philippe Sollers), i detrattori lo hanno definito «filosofo da supermercato». Disistima del tutto ricambiata. Come il divulgatore britannico Julian Baggini, Onfray detesta l’elitarismo e la filosofia accademica: «Io sono fuori dal mondo, continuo a vivere qui in Normandia, con i miei allievi dell’Università popolare di Caen da me fondata; non vengo mai invitato nei salotti parigini e ne sono felice. Detesto i filosofi di professione, quelli che si riempiono la bocca di metafisica dal lunedì al venerdì e dalle 9 alle 5».
In realtà, a giudicare da almeno un paio di copertine (Lire e Nouvel Observateur), dalla presenza su radio e tv e dalla celebre lunga intervista a Nicolas Sarkozy pochi mesi prima dell’elezione all’Eliseo, Michel Onfray è più una star che un outsider. E questa non è l’unica contraddizione del personaggio. Nella copertina della Potenza di esistere appare vestito di nero, aria grave. Onfray sorride con parsimonia. Non che debba per forza mostrarsi con belle donne bevendo champagne, ma il suo sarebbe pur sempre un «manifesto edonista».
Però è dal dolore che bisogna partire, purtroppo. La prefazione è il racconto dello spaventoso periodo trascorso in un orfanotrofio dei salesiani, dai 10 ai 14 anni, abbandonato dalla madre stanca di picchiarlo dopo essere stata a sua volta maltrattata dai genitori. Sono 30 pagine tragiche e commoventi, dominate dal sadismo dei preti, e concluse da parole di perdono verso la madre: «Si diventa davvero maggiorenni rivolgendo, a coloro che ci hanno aizzato contro i cani senza sapere quel che facevano, il gesto di pace necessario a una vita che superi il risentimento. La magnanimità è una virtù da adulti». La dedica del libro è «A mia madre ritrovata».
Un uomo capace di superare una simile adolescenza e un infarto grave patito a 28 anni ha forse qualche dote di resilienza da offrire ai suoi simili. E se non ci si lascia contagiare dal virus della supponenza verso qualcuno giudicato troppo letto per essere un vero filosofo, il resto del libro è un interessante percorso di rifiuto della tradizione filosofica idealista, del mito giudaico-cristiano della nobiltà della sofferenza, verso un «erotismo solare» e una «bioetica prometeica». «Bisogna praticare una sorta di aritmetica del piacere, abituarsi a calcolarlo per sé e per gli altri — spiega Onfray —. Per l’uomo della strada, l’utilitarismo indica il comportamento di chi è interessato, incapace di generosità e gratuità. Siamo agli antipodi del pensiero di Jeremy Bentham e di John Stuart Mill, per i quali il principio di utilità significa “maggiore felicità per il maggior numero”».
In tempi di ridefinizione dei rapporti di coppia, e di prevalenza del divorzio, Onfray auspica la leggerezza, la consapevolezza, il contratto tra due persone che ridiscutono continuamente i termini del loro accordo — per una sera, per una vacanza, per la vita, per il desiderio, l’amore o il sesso. Senza inganni. «Il matrimonio tramandato da duemila anni di cristianesimo, fatto di promesse vane, di Principi Azzurri e donne ideali, è una macchina produttrice di ipocrisia e infelicità».
Un nuovo cantore dell’Amore liquido post-moderno, effimero e consumista, già definito e criticato da Zygmunt Bauman? «No, condivido la critica al consumismo relazionale, al nichilismo del sesso — risponde Onfray —. Penso che il sesso triste sia un prodotto del cristianesimo, come lo sono del resto Sade e Bataille, la faccia libertina di una medaglia che esibisce sull’altro lato la figura del santo. I sentimenti duraturi sono una conquista faticosa, da raggiungere in due, con una specie di dieta erotica da seguire in coppia, senza necessariamente mortificarsi, in piena libertà». Coerentemente con le premesse di filosofia pragmatica e vissuta in prima persona, Onfray spiega di vivere da otto anni con una compagna, senza vincoli di fedeltà. E qui rispunta l’etica del telefonino. «La lezione di Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir è che l’idea di raccontarsi tutto nel dettaglio, di essere onesti fino alla crudeltà, non funziona. Sartre e Beauvoir tenevano a informarsi degli orgasmi avuti con altri partner, ma poi ne soffrivano immensamente. Dobbiamo ricordarci che siamo pur sempre dei mammiferi, che siamo preda della gelosia».