La Repubblica 11.3.09
Le tesi provocatorie di Sylvain Gouguenheim in un libro
Aristotele e l’islamofobia
di Franco Volpi
Alla sua uscita in Francia il libro di Sylvain Gouguenheim appena tradotto con il titolo Aristotele contro Averroè (Rizzoli, pagg. 195, euro 16) ha sollevato un polverone. Non solo stroncature, ma addirittura due petizioni: una pubblicata da Libération, che raduna le firme di storici e intellettuali illustri, tra cui Carlo Ginzburg; un´altra sottoscritta da circa duecento docenti e studenti dell´École Normale Supérieure di Lione, dove l´autore insegna Storia medievale. Nel frattempo, sull´«affaire Aristote» c´è un´intera sitografia.
La ragione dello scandalo sta nella provocatoria tesi che Gouguenheim avanza circa una vexata quaestio: chi trasmise alla cristianità latina il patrimonio della filosofia e della scienza greco-antica? La storiografia tradizionale non ha dubbi: il merito va ascritto agli arabi, che svolsero una preziosa opera di mediazione diffondendo in Occidente gran parte del sapere antico, in particolare il corpus degli scritti di Aristotele, che fu tradotto dal greco al siriaco, dal siriaco all´arabo e dall´arabo al latino. Una tradizione araba racconta addirittura che il «maestro primo» � diventato in Dante il «maestro di color che sanno» � apparve in sogno al califfo al-Ma´mûn, che nell´830 fondò a Bagdad la «Casa della sapienza», uno dei centri più importanti per la traduzione dei testi greci.
Gouguenheim contrappone una diversa ricostruzione. Egli sostiene che il contatto con la filosofia e la scienza greche fu ristabilito ben prima dell´arrivo degli arabi ad opera di eruditi cristiani, latini, siriani e greco-bizantini. In particolare, assegna un ruolo decisivo ai monaci dell´abbazia di Mont-Saint-Michel, capeggiati da Giovanni Veneto, che già agli inizi del XII secolo, dunque circa mezzo secolo prima degli arabi, tradussero quasi tutto Aristotele.
Dietro un´erudizione apparentemente innocua, si nasconde un «negazionismo» pesante, cioè la tesi che l´Occidente cristiano non dovrebbe nulla agli arabi. In certi passaggi Gouguenheim lascia addirittura intendere che la filosofia e la scienza parlano in greco e in latino, mentre la cultura araba, già per ragioni linguistiche, risulterebbe «handicappata». Se si aggiungono i ringraziamenti che egli rivolge a intellettuali di destra, come René Marchand, non è difficile capire perché i firmatari lo hanno attaccato con veemenza. L´accusa è che le sue tesi fomentano lo scontro di civiltà, se non addirittura l´islamofobia.
Le tesi provocatorie di Sylvain Gouguenheim in un libro
Aristotele e l’islamofobia
di Franco Volpi
Alla sua uscita in Francia il libro di Sylvain Gouguenheim appena tradotto con il titolo Aristotele contro Averroè (Rizzoli, pagg. 195, euro 16) ha sollevato un polverone. Non solo stroncature, ma addirittura due petizioni: una pubblicata da Libération, che raduna le firme di storici e intellettuali illustri, tra cui Carlo Ginzburg; un´altra sottoscritta da circa duecento docenti e studenti dell´École Normale Supérieure di Lione, dove l´autore insegna Storia medievale. Nel frattempo, sull´«affaire Aristote» c´è un´intera sitografia.
La ragione dello scandalo sta nella provocatoria tesi che Gouguenheim avanza circa una vexata quaestio: chi trasmise alla cristianità latina il patrimonio della filosofia e della scienza greco-antica? La storiografia tradizionale non ha dubbi: il merito va ascritto agli arabi, che svolsero una preziosa opera di mediazione diffondendo in Occidente gran parte del sapere antico, in particolare il corpus degli scritti di Aristotele, che fu tradotto dal greco al siriaco, dal siriaco all´arabo e dall´arabo al latino. Una tradizione araba racconta addirittura che il «maestro primo» � diventato in Dante il «maestro di color che sanno» � apparve in sogno al califfo al-Ma´mûn, che nell´830 fondò a Bagdad la «Casa della sapienza», uno dei centri più importanti per la traduzione dei testi greci.
Gouguenheim contrappone una diversa ricostruzione. Egli sostiene che il contatto con la filosofia e la scienza greche fu ristabilito ben prima dell´arrivo degli arabi ad opera di eruditi cristiani, latini, siriani e greco-bizantini. In particolare, assegna un ruolo decisivo ai monaci dell´abbazia di Mont-Saint-Michel, capeggiati da Giovanni Veneto, che già agli inizi del XII secolo, dunque circa mezzo secolo prima degli arabi, tradussero quasi tutto Aristotele.
Dietro un´erudizione apparentemente innocua, si nasconde un «negazionismo» pesante, cioè la tesi che l´Occidente cristiano non dovrebbe nulla agli arabi. In certi passaggi Gouguenheim lascia addirittura intendere che la filosofia e la scienza parlano in greco e in latino, mentre la cultura araba, già per ragioni linguistiche, risulterebbe «handicappata». Se si aggiungono i ringraziamenti che egli rivolge a intellettuali di destra, come René Marchand, non è difficile capire perché i firmatari lo hanno attaccato con veemenza. L´accusa è che le sue tesi fomentano lo scontro di civiltà, se non addirittura l´islamofobia.