Corriere Fiorentino del Corriere della Sera 5.10.10
Prosperi, mille pagine di Inquisizione
Domani il grande storico apre la rassegna di Anna Benedetti
di Edoardo Semmola
Elegante, con fare spavaldo, un fazzoletto di batista appuntato sul vestito chiaro. Pietro Carnesecchi si avvia verso il patibolo, parole sue, «vestito da carnevale per il grande disprezzo».
Disprezzo per l’Inquisizione che lo aveva condannato a morte per aver abbracciato, come Michelangelo prima di lui, le teorie di riforma morale della Chiesa di Juan de Valdés. Sono passati appena 20 anni dall’istituzione della Santa Inquisizione Romana e Firenze non ha perso tempo. La prima e più illustre vittima è proprio l’«eretico» Carnesecchi, uno dei maggiori intellettuali del tempo, valdesiano giustiziato nel 1567. Siamo a pagina 312 del Dizionario storico dell’Inquisizione (Edizioni della Normale) del grande storico Adriano Prosperi che domani (ore 17.30 alla Biblioteca delle Oblate) apre la nuova stagione di «Leggere per non dimenticare», la rassegna letteraria di Anna Benedetti.
Quattro volumi, 1084 pagine ricche di voci su personaggi, istituti, processi, teorie, da Dante al 1965, anno della nascita della Congregazione per la Dottrina della Fede. Un enorme lavoro di compilazione che ha avuto dodici anni di gestazione. Una storia europea nella quale Firenze e la Toscana giocano un ruolo importante. A cominciare da Carnesecchi. E proseguendo quasi un secolo dopo quando, racconta il professore, «viene denunciato un gruppo di nobili delle maggiori famiglie: Capponi, Ricasoli, Acciaioli, Anselmi, Grifoni, Cardinali, sorpresi durante una partita a carte a bestemmiare (in caso di mano sfortunata). Tra loro c’è anche Alessandro de’ Medici che fu accusato di urlare: ‘‘Cristo ti desgrado che mi fai perdere…’’». La prosecuzione della frase di Alessandro non è pubblicabile neanche ai giorni nostri. Il caso dell’infausta partita fu però insabbiato e la giustizia romana non riuscì ad avere la meglio «sulla solidarietà di classe tra le famiglie di maggiori potere del granducato — sorride Prosperi — L’incartamento fu insabbiato». In Toscana si contano tre tribunali dell’Inquisizione: «Uno a Firenze, uno Pisa, e uno Siena, poi aprì anche a Volterra. Ma l’archivio di Volterra è tuttora chiuso, si sono sempre rifiutati di aprirlo». Lucca fa storia a sé perché era una città storicamente «piena di eretici, perché calvinisti, e si è sempre opposta all’ipotesi di ospitare l’Inquisizione istituendo però un tribunale sopra la religione che non era ecclesiastico ma secolare. Anche lì furono mandati streghe ed eretici a morte, ma è passato alla storia per essere un tribunale dalla mano molto più morbida degli altri». Firenze è stata però una delle prime città a disfarsi dell’Inquisizione, sull’onda delle idee illuministiche, nel 1782. Ma non fu compito facile per i Lorena che dovettero combattere una dura battaglia politica con Roma. «La polemica tra Firenze e Roma durò a lungo e si concluse con un concordato scaturito dopo alcuni processi clamorosi, i primi contro la massoneria, tra cui quello a Tommaso Crudeli nel 1739. Significativo per avviare questo lento processo fu anche il delicato caso della monaca Francesca Fabroni nel tardo Seicento: condannata dopo morta, disseppellita ( dal chiostro di Santa Croce) e processata, il suo cadavere fu dato alle fiamme».
Il concordato venne stipulato nel 1754 e il Granducato riuscì ad imporre «un modello di giustizia religiosa in stile veneziano: l’unico in cui l’inquisitore ecclesiastico veniva affiancato da tre assistenti laici». Ma sia nel periodo di maggiore efficienza persecutoria, sia nelle fasi di gelo dei rapporti tra Arno e Tevere, «la peculiarità toscana— conclude l’autore— è sempre stata quella di una forte contiguità tra potere laico e potere ecclesiastico, non a caso è dalle grandi famiglie toscane che provengono tanti papi».