SICILIA - L'Atlante della Sicilia che segnalava i templi
MARIO DI CARO
la Repubblica (Palermo) 12/08/2008
MOLTI anni prima dei voli charter e dei tour operator, l´antenata delle guide turistiche segnalava ai viaggiatori del Settecento le castagne dell´Etna, "rinomate per la loro grassezza". E non solo. La carta-atlante di Giovan Battista Ghisi, datata 1779 ed esposta a Ustica dalla Fondazione Banco di Sicilia, focalizza alcune tappe peculiari del viaggio in Sicilia, allora così di moda tra gli aristocratici e gli intellettuali del Nord Europa.Infatti la carta dedica una serie di finestrelle al porto di Augusta, ai templi della Concordia e di Ercole a Girgenti, al porto e alla fortezza di Messina, alle vedute di Trapani e del già citato monte Etna. Proprio come fanno oggi le guide turistiche illustrate che focalizzano i luoghi di particolare interesse con fotografie eloquenti.
Erano gli anni in cui la Sicilia catalizzava l´interesse dei viaggiatori illustri, da Wolfgang Goethe a Jean Houel, autore, guarda caso, nel 1782, di un prezioso "Voyage pittoresque de Sicilie, de Malta et de Lipari", in possesso del Museo Mormino di Palermo e anch´esso esposto al Vecchio Municipio di Ustica nella mostra realizzata in collaborazione con il Centro studi dell´isola. Anni in cui i diari e i disegni di questi grandi viaggiatori raccontavano di una Sicilia esotica che profumava ancora di cultura classica, di tradizioni arcaiche, di folclore autentico.
«I viaggiatori del grand tour partivano con itinerari già pronti, preparati sulla base delle indicazioni delle carte geografiche del Settecento - spiega Francesco Bucchieri, direttore del Museo Mormino della Fondazione Banco di Sicilia, a cui appartiene il patrimonio di carte e volumi esposto a Ustica - Venivano in Sicilia, come nel meridione d´Italia, a cominciare da Pompei, attirati dal richiamo della cultura classica. Consideriamo che in quel periodo la Grecia era sotto il dominio dell´impero ottomano e quindi pressoché inaccessibile».
Ma la carte del Ghisi, oltre alla straordinaria grafica, riserva un´altra sorpresa che la rende più simile a un´enciclopedia geografica che a una semplice carta geografica. Alla base del disegno, infatti, sono elencate le produzioni caratteristiche dell´Isola, un piccolo trattato di scienze naturali che dà conto dei minerali, dei crostacei, delle piante e delle erbe marine, delle saline, delle pietre, dei metalli, dei marmi, ma anche dei fossili, delle piante erbacee del faro di Messina, delle solfatare, dei bagni, fino alle piantagioni di carrubo, pistacchio, manna e seta. Insomma, una vera e propria rivoluzione della cartografia tradizionale, attenta, allora, alla divisione del territorio siciliano nelle tre province istituzionali, Val di Mazara, nella parte occidentale, Valdemone, a est, e Val di Noto, sud est. In quella Sicilia del 1779 che vedeva sul trono Ferdinando IV di Borbone, la carta del Ghisi, figlia del vento illuminista che soffiava dalla Francia, poteva considerarsi una vera e propria piccola enciclopedia geografica, fisica e politica, capace di fornire un surplus di informazioni al viaggiatore colto. «Non era una carta portatile perché difficilmente sarebbe stata nel bagaglio dei viaggiatori però permetteva di conoscere, a chi doveva intraprendere un viaggio, non solo la costa ma anche l´interno della Sicilia - continua Bucchieri - Diciamo che era un prodromo di quelle carte prodotte successivamente che si potevano piegare in 32 o 64 fogli, tra la fine del Settecento e i primi dell´Ottocento e che potevano agevolmente far parte del bagaglio. È una carta che rappresenta un punto di svolta tra il rilievo cartografico e la conoscenza del territorio e possiamo considerarla come un´antenata delle guide odierne».
La mostra di Ustica racconta anche del primo atlante sul regno di Sicilia, stampato a Bologna nel 1620 e curato da Giovanni Antonio Magini, mentre risale al 1781 un altro "Voyage pittoresque de Sicilie", a firma, questo, di Richard Saint Son, che fa il paio con il volume di Houel.
Il viaggio in Sicilia attraverso stampe e incisioni di carte geografiche si spinge fino al Cinquecento, quando nasce una serie di carte detta "veteris typus", che terrà banco fino al Settecento: le fonti da cui attingono i cartografi dell´epoca sono le opere degli storici siciliani, come il "De situ insulae Siciliae" di Mario Arezzo, stampato a Messina e a Palermo nel 1537, il "De rebus siculis decades duae" di Tommaso Fazello (Palermo 1558) e più tardi il "Sicilia antiqua" di Filippo Cluverio (1619) che conteneva la più accurata descrizione geografica dell´Isola e la topografia di tutte le città. Col passare degli anni e con l´incremento dei commerci marittimi nascono nuove esigenze di documentazione cartografica sulle coste del Mediterraneo che mettono in moto una produzione particolareggiata sulle isole, meno approssimativa di quella precedente attenta a indicare rotte e approdi piuttosto che soffermarsi sull´esatta configurazione. Editori e cartografi danno vita, così, al genere degli isolari, pubblicazioni con carte geografiche destinate esclusivamente ad illustrare le isole attraverso disegni aggiornati rispetto ai rilievi elaborati sulla base delle fonti tolemaiche. E così nel 1528 vengono stampati a Venezia gli isolari di Benedetto Bordone, poi quello di Leandro Alberti che si aggiunge alla "Descrittione di tutta Italia" con le incisioni sulla Sicilia e su tutte le isole d´Italia, fino alle "Isole più famose del mondo" di Thomaso Porcacchi con le illustrazioni di Girolamo Porro.
Si avverte il fascino esotico di terra remota da queste stampe vecchie di tre-quattro secoli: e infatti, nonostante il convergere di interessi politici, la Sicilia rimane un´isola poco conosciuta sino alla prima metà del Settecento come testimoniano le inesattezze contenute dalle carte. Persino Diderot e D´Alembert nello loro "Encyclopedie" riportarono indicazioni sbagliate alla voce "Palermo".
MARIO DI CARO
la Repubblica (Palermo) 12/08/2008
MOLTI anni prima dei voli charter e dei tour operator, l´antenata delle guide turistiche segnalava ai viaggiatori del Settecento le castagne dell´Etna, "rinomate per la loro grassezza". E non solo. La carta-atlante di Giovan Battista Ghisi, datata 1779 ed esposta a Ustica dalla Fondazione Banco di Sicilia, focalizza alcune tappe peculiari del viaggio in Sicilia, allora così di moda tra gli aristocratici e gli intellettuali del Nord Europa.Infatti la carta dedica una serie di finestrelle al porto di Augusta, ai templi della Concordia e di Ercole a Girgenti, al porto e alla fortezza di Messina, alle vedute di Trapani e del già citato monte Etna. Proprio come fanno oggi le guide turistiche illustrate che focalizzano i luoghi di particolare interesse con fotografie eloquenti.
Erano gli anni in cui la Sicilia catalizzava l´interesse dei viaggiatori illustri, da Wolfgang Goethe a Jean Houel, autore, guarda caso, nel 1782, di un prezioso "Voyage pittoresque de Sicilie, de Malta et de Lipari", in possesso del Museo Mormino di Palermo e anch´esso esposto al Vecchio Municipio di Ustica nella mostra realizzata in collaborazione con il Centro studi dell´isola. Anni in cui i diari e i disegni di questi grandi viaggiatori raccontavano di una Sicilia esotica che profumava ancora di cultura classica, di tradizioni arcaiche, di folclore autentico.
«I viaggiatori del grand tour partivano con itinerari già pronti, preparati sulla base delle indicazioni delle carte geografiche del Settecento - spiega Francesco Bucchieri, direttore del Museo Mormino della Fondazione Banco di Sicilia, a cui appartiene il patrimonio di carte e volumi esposto a Ustica - Venivano in Sicilia, come nel meridione d´Italia, a cominciare da Pompei, attirati dal richiamo della cultura classica. Consideriamo che in quel periodo la Grecia era sotto il dominio dell´impero ottomano e quindi pressoché inaccessibile».
Ma la carte del Ghisi, oltre alla straordinaria grafica, riserva un´altra sorpresa che la rende più simile a un´enciclopedia geografica che a una semplice carta geografica. Alla base del disegno, infatti, sono elencate le produzioni caratteristiche dell´Isola, un piccolo trattato di scienze naturali che dà conto dei minerali, dei crostacei, delle piante e delle erbe marine, delle saline, delle pietre, dei metalli, dei marmi, ma anche dei fossili, delle piante erbacee del faro di Messina, delle solfatare, dei bagni, fino alle piantagioni di carrubo, pistacchio, manna e seta. Insomma, una vera e propria rivoluzione della cartografia tradizionale, attenta, allora, alla divisione del territorio siciliano nelle tre province istituzionali, Val di Mazara, nella parte occidentale, Valdemone, a est, e Val di Noto, sud est. In quella Sicilia del 1779 che vedeva sul trono Ferdinando IV di Borbone, la carta del Ghisi, figlia del vento illuminista che soffiava dalla Francia, poteva considerarsi una vera e propria piccola enciclopedia geografica, fisica e politica, capace di fornire un surplus di informazioni al viaggiatore colto. «Non era una carta portatile perché difficilmente sarebbe stata nel bagaglio dei viaggiatori però permetteva di conoscere, a chi doveva intraprendere un viaggio, non solo la costa ma anche l´interno della Sicilia - continua Bucchieri - Diciamo che era un prodromo di quelle carte prodotte successivamente che si potevano piegare in 32 o 64 fogli, tra la fine del Settecento e i primi dell´Ottocento e che potevano agevolmente far parte del bagaglio. È una carta che rappresenta un punto di svolta tra il rilievo cartografico e la conoscenza del territorio e possiamo considerarla come un´antenata delle guide odierne».
La mostra di Ustica racconta anche del primo atlante sul regno di Sicilia, stampato a Bologna nel 1620 e curato da Giovanni Antonio Magini, mentre risale al 1781 un altro "Voyage pittoresque de Sicilie", a firma, questo, di Richard Saint Son, che fa il paio con il volume di Houel.
Il viaggio in Sicilia attraverso stampe e incisioni di carte geografiche si spinge fino al Cinquecento, quando nasce una serie di carte detta "veteris typus", che terrà banco fino al Settecento: le fonti da cui attingono i cartografi dell´epoca sono le opere degli storici siciliani, come il "De situ insulae Siciliae" di Mario Arezzo, stampato a Messina e a Palermo nel 1537, il "De rebus siculis decades duae" di Tommaso Fazello (Palermo 1558) e più tardi il "Sicilia antiqua" di Filippo Cluverio (1619) che conteneva la più accurata descrizione geografica dell´Isola e la topografia di tutte le città. Col passare degli anni e con l´incremento dei commerci marittimi nascono nuove esigenze di documentazione cartografica sulle coste del Mediterraneo che mettono in moto una produzione particolareggiata sulle isole, meno approssimativa di quella precedente attenta a indicare rotte e approdi piuttosto che soffermarsi sull´esatta configurazione. Editori e cartografi danno vita, così, al genere degli isolari, pubblicazioni con carte geografiche destinate esclusivamente ad illustrare le isole attraverso disegni aggiornati rispetto ai rilievi elaborati sulla base delle fonti tolemaiche. E così nel 1528 vengono stampati a Venezia gli isolari di Benedetto Bordone, poi quello di Leandro Alberti che si aggiunge alla "Descrittione di tutta Italia" con le incisioni sulla Sicilia e su tutte le isole d´Italia, fino alle "Isole più famose del mondo" di Thomaso Porcacchi con le illustrazioni di Girolamo Porro.
Si avverte il fascino esotico di terra remota da queste stampe vecchie di tre-quattro secoli: e infatti, nonostante il convergere di interessi politici, la Sicilia rimane un´isola poco conosciuta sino alla prima metà del Settecento come testimoniano le inesattezze contenute dalle carte. Persino Diderot e D´Alembert nello loro "Encyclopedie" riportarono indicazioni sbagliate alla voce "Palermo".