giovedì 27 gennaio 2011

Adulteri e cornuti. Storia della sessualità maschile tra Medioevo e Modernità

Maurice Daumas
Adulteri e cornuti. Storia della sessualità maschile tra Medioevo e Modernità
Edizioni Dedalo

A detta dello stesso autore, questa ricerca prende spunto da un enigma che abbraccia circa tre secoli di storia europea, nella lunga transizione che dal Medioevo porta agli albori della Modernità. L’enigma è rappresentato dall’ambigua e paradossale centralità assunta da un tema apparentemente frivolo, le «corna». Se da un lato c’è l’adulterio, che tutte le leggi condannano come una delle colpe più gravi, seria minaccia al buon ordine della società, dall’altro le corna ne costituiscono il lato ludico, faceto, la rielaborazione «mitica» di un argomento scottante. Nella realtà è la donna a pagare il prezzo della repressione, dato che all’uomo è concessa una libertà di costumi che rende l’adulterio un fenomeno tipicamente maschile, emblema della subalternità femminile. L’uomo, d’altra parte, assume il ruolo del protagonista: vittima di una pretesa tendenza al tradimento della donna, ma soprattutto eroe incontrastato di una cultura propriamente rinascimentale, tanto ossessionata dall’argomento «corna» da farne materia privilegiata di riso ed evasione. In quest’ampia e dettagliata analisi – che si avvale di un ricco e puntuale apparato documentario e bibliografico – le sfere della realtà e della finzione, del desiderio e della paura, della norma e della trasgressione si intrecciano per disegnare la geografia sessuale e sentimentale di un’intera epoca, ma tracciano pure le prime linee di un’evoluzione cruciale per la società europea, in particolare nel campo delle relazioni tra i sessi e dei costumi familiari.

martedì 25 gennaio 2011

L'antro delle ninfe

Adrien De Monluc, François La Mothe Le Vayer, Claude Le Petit
L'antro delle ninfe
Edizioni Dedalo

L'immaginario relativo alla sessualità, come lo conosciamo attualmente, si è stabilito nel tempo sulla base di modelli e di metafore che hanno una loro storia specifica. In Occidente, una tappa fondamentale nella storia della codificazione di tale immaginario è rappresentata dal pensiero libertino. Dopo i movimenti eretici che già avevano attraversato l'Europa nei secoli precedenti, nel XVII secolo si fa strada, soprattutto in Francia, una letteratura di argomento sessuale e di tono licenzioso, nella quale confluiscono gli stili più diversi, dall'alto al basso, dal sublime al triviale, dall'elegiaco al comico. Il volume coglie le radici di questo lato dell'immaginario sessuale contemporaneo e, allo stesso tempo, presenta un altro aspetto, minoritario in Occidente e oggi praticamente scomparso dalla cultura di massa. E cioè quello spirito rinascimentale dell'unità di corpo e psiche, di anima e sensi; uno spirito che, opponendosi alla concezione cristiana dell'ordine naturale e sociale, era fatalmente destinato a un tragico scontro con le autorità (temporali e spirituali) dell'epoca.

lunedì 24 gennaio 2011

Il desiderio del vino. Storia di una passione antica

Jean-Robert Pitte
Il desiderio del vino. Storia di una passione antica
Edizioni Dedalo

Nessun frutto della terra e del lavoro umano ha mai incontrato nella storia il successo arriso al vino. Assurto ben presto a ingrediente caratterizzante della dieta mediterranea, esso si è caricato di tutta una serie di connotazioni simboliche che ne hanno fatto un punto di riferimento nella cultura e nell’immaginario di tanti popoli, in particolare nella sfera religiosa. Bevanda consacrata tanto dalla mitologia greca quanto dalla tradizione ebraica e cristiana, il vino si è imposto come una sorta di ponte fra il nostro mondo e l’aldilà, fra l’umano e il divino, grazie alla sua peculiare capacità di rallegrare, di esaltare, di inebriare, dunque di condurre chi lo beve in un’altra dimensione, magari fino all’oblio della sua condizione terrena. Niente come il vino incoraggia la convivialità, il piacere dello stare insieme e del confrontarsi in tutta franchezza, ma esso può anche trasformarsi in pericolosa fonte di perdizione, come è attestato da tanti episodi di provenienza biblica, letteraria o folklorica. Nel ripercorrere le tappe salienti di una vicenda storica che ha contrassegnato profondamente la nostra cultura, l’autore delinea inoltre un itinerario geografico, che ci mostra come il vino sia riuscito ad ampliare progressivamente la sua area di influenza, tanto da dar luogo a una «mondializzazione felice che favorisce il calore umano e il dialogo tra i popoli». La trattazione è completata
da un ricco e affascinante apparato iconografico.

domenica 23 gennaio 2011

Dal buco della serratura. Una storia del pudore pubblico dal XIX al XXI secolo

Marcela Iacub
Dal buco della serratura. Una storia del pudore pubblico dal XIX al XXI secolo
Edizioni Dedalo

Dove finisce lo spazio pubblico e dove comincia quello privato? Cosa dobbiamo nascondere e cosa, invece, possiamo mostrare? La definizione dei confini tra individuo, società e Stato è una delle questioni problematiche che la società globale ha ereditato dalla modernità. Il sistematico sconfinamento del potere pubblico negli spazi privati è il frutto di una logica di potere attraverso cui il diritto ha diviso il mondo visibile da quello invisibile, il lecito dall’illecito. Lo spazio «fisico» è stato progressivamente delimitato da linee artificialmente tracciate. Queste frontiere, però, mobili e reversibili, sono state importanti zone di contestazione e di lotte e hanno condizionato e «normato» non solo gli spazi ma anche i corpi, i comportamenti, le pratiche fino a definire talune condotte anormali, devianti e malate. Su questo territorio Marcela Iacub rintraccia e analizza le politiche di definizione e produzione degli spazi e delle condotte sessuali – dal pudore pubblico al nudo artistico, dai reati di esibizione sessuale, alle pratiche omosessuali – invitandoci a riflettere sul legame tra sessualità e spazio pubblico.

una citazione dal libro:
Una storia dello sguardo

La storia del pudore pubblico concepita come una spazializzazione della sessualità è nel contempo una storia della sua «esposizione alla visibilità». Essa presuppone l’analisi dell’insieme dei processi che hanno trasformato la sessualità in spettacolo, cioè in un avvenimento la cui particolarità consiste nell’offrirsi alla vista.

L’articolo 330 del Codice del 1810 ha istituito una sorta di finzione originaria secondo la quale tutti i luoghi pubblici erano sorvegliati dall’occhio dello Stato. Quest’ultimo era tenuto a vedere tutti gli atti osceni che si svolgevano in un certo luogo, di giorno come di notte. Non era necessario che qualcuno incarnasse questo sguardo. L’occhio dello Stato vedeva anche nelle strade deserte, nelle vie senza luce, nei luoghi in cui nessun essere umano si avventurava. Mentre, nei luoghi privati in cui quest’occhio tanto potente non poteva penetrare, le scene sessuali erano considerate non viste, anche se una folla di persone vi aveva assistito.

La funzione di tale visione fittizia, che si operava nei luoghi pubblici, era quella di prevenire tutti i possibili sguardi e di proteggere la persona qualunque dagli spettacoli di natura sessuale che non doveva vedere.

Ma, per ampliare il campo visivo di quest’occhio onnivedente, ben presto i giudici hanno cominciato a servirsi degli occhi umani. Fu così stabilito che, in certe condizioni, lo sguardo degli individui poteva incarnare l’occhio immateriale dello Stato. Questa estensione fu realizzata seguendo due diverse direzioni. All’inizio lo Stato si servì degli occhi umani per trasformare gli spazi pubblici non solo in spazi in cui tutto era considerato visto, ma anche in una sorta di luoghi di osservazione grazie ai quali lo sguardo pubblico poteva penetrare nei luoghi privati. Inoltre, la facoltà che hanno gli occhi umani di essere montati su un corpo che può spostarsi da un posto all’altro, ha permesso di rendere pubblici i luoghi privati: bastava, infatti, che questi occhi potessero penetrarvi. Così, i luoghi privati non visibili all’esterno sono divenuti, grazie alla mobilità degli sguardi umani, luoghi sottoposti allo sguardo vigile dello Stato. Infatti, come vedremo nel dettaglio, il soggetto dell’atto del vedere non era l’individuo che guardava, ma lo Stato. Senza dubbio è per questa ragione che l’atto del vedere non è mai stato semplicemente il simmetrico dell’atto del mostrarsi, poiché solo il primo poteva diventare l’esercizio di una sorta di impegno pubblico. Vedere una scena sessuale è un atto che si può esercitare nel nome dello Stato, a differenza del mostrarsi.

La storia del pudore pubblico è quindi quella delle tecniche, complesse e polimorfiche, attraverso le quali l’occhio dello Stato offre a se stesso lo spettacolo della sessualità della popolazione. La storia delle modalità attraverso cui si è attribuito la potenza del vedere, servendosi degli occhi umani, per appagare la sua «pulsione scopica» e di come ha finito per prendere coscienza del fatto che il suo occhio fittizio poteva diventare l’oggetto del desiderio di coloro che aveva deciso di sorvegliare. Le recenti riforme non hanno trasformato questa produzione istituzionale dello sguardo grazie alla quale e nella quale noi vediamo e siamo sempre visti. La storia del pudore pubblico è, in questo senso, una sorta di genealogia della nostra percezione visiva, una maniera per prendere coscienza del fatto che vedere è più un evento che ci impegna come soggetti politici, che un atto attraverso cui il mondo si rivela alla nostra coscienza.

l'indice del libro:

L’artificio incarnato della vita giuridica di Graziella Durante - I. Una giurista risolutamente critica - II. La legge del buon pastore - III. Artificialismo giuridico: un «crimine perfetto» - IV. Un neo-femminismo indifferenzialista - V. Siamo tutti testimoni oculari dello Stato - VI. Godere della legge - VII. Guardare dal buco della serratura fa male al paese - Che cos’è la storia del pudore pubblico? - PARTE PRIMA - COSTRUIRE E ABOLIRE IL MURO DEL PUDORE - 1. La costruzione del muro del pudore - I. La sessualità nel Codice penale del 1810 - II. L’invenzione del pudore pubblico - III. L’oltraggio pubblico al pudore e gli oltraggi alla morale - IV. Il pudore pubblico e l’oltraggio ai buoni costumi - V. Gli atti che oltraggiavano il pudore pubblico - VI. Spudorati e negligenti - 2. I luoghi pubblici alla conquista dei luoghi privati - I. I luoghi pubblici - II. Le prime estensioni della pubblicità: i luoghi privati visibili o accessibili da un luogo pubblico - III. Insufficienti precauzioni e malsane curiosità - 3. L’invenzione della pubblicità interna - I. I precedenti - II. La sentenza Ponce (1877) - III. Vivere a casa propria dopo la sentenza Ponce - 4. L’abolizione del muro del pudore e le sorti dell’articolo 330 - I. L’articolo 330 a teatro - II. La crisi delle politiche di spazializzazione - della sessualità - PARTE SECONDA - LA LIBERAZIONE VISIVA DEI LUOGHI PUBBLICI - 1. Le guerre del nudo casto - I. I precedenti - II. I primi giudici delle nudità caste - III. L’implicito trionfo del quasi nudo. Il caso Joan Warner - IV. Il caso del topless, ovvero l’ultima guerra del quasi nudo - V. Le nudità naturiste - 2. La pubblicità della sessualità non casta - I. La teoria classica della pubblicità degli spettacoli e le prime contestazioni - II. Per farla finita con la pubblicità di uno spettacolo usando la frode - III. La teoria del doppio consenso degli spettatori delle rappresentazioni pubbliche. Il caso del teatro realista - IV. Consenso e pubblicità: le sentenze della Corte di Cassazione degli anni ’50 - V. L’influenza della nuova giurisprudenza della Corte di Cassazione sulle sale di spettacolo. Hair e Oh Calcutta! - VI. Teorie implicite contro dottrine esplicite - VII. Politiche degli spazi e politiche sessuali alla vigilia della rivoluzione dei costumi - PARTE TERZA - LA POLITICA DEGLI SPAZI ALL’EPOCA DEL SESSO - 1. Il nuovo diritto penale della sessualità - I. Sesso di Stato - II. La denormativizzazione della sessualità - 2. La scenografia del Sesso - I. La nuova infrazione: «Mostro in pubblico che impongo a qualcuno la vista della mia sessualità» - II. Gli elementi dell’infrazione: l’intenzione, l’atto osceno e la pubblicità - III. Il senso dell’infrazione: non si deve godere della legge - IV. Lo sguardo dei minori - 3. Perversi e dissoluti - I. Gli esibizionisti e l’articolo 330 del Codice penale - II. Gli esibizionisti nel mondo del Sesso - III. Giustizia e perizia - Ringraziamenti - Elenco delle abbreviazioni.

Le medicine dell'Asia

Jean Bossy, Pierre Huard, Guy Mazars
Le medicine dell'Asia
Edizioni Dedalo

Un interesse crescente verso un patrimonio teorico e pratico così ampio e manifestato anche, a vari livelli, dalla scienza ufficiale del mondo occidentale, che ne riconosce e ne esamina attentamente le qualità positive. Le stesse nazioni dell'Estremo Oriente sono ora impegnate ad armonizzare le medicine tradizionali con la medicina scientifica dell'Occidente. Da questa sintesi emergono nuovi sistemi sanitari di grande portata e suscettibili, come in Cina, di grandi sviluppi. Nel volume tre specialisti, medici e orientalisti, ne esaminano le caratteristiche e ne analizzano, sulla base anche dei più recenti studi, le notevoli potenzialità.


mercoledì 5 gennaio 2011

I tesori esposti. Affreschi, incunaboli e manoscritti antichissimi viaggio fra i libri dei Papi

I tesori esposti. Affreschi, incunaboli e manoscritti antichissimi viaggio fra i libri dei Papi
RORY CAPPELLI
DOMENICA, 02 GENNAIO 2011 la Repubblica - Roma

In mostra sino a fine gennaio tutti i segreti di uno dei patrimoni culturali più preziosi al mondo: oltre un milione e mezzo di volumi, 150mila tra stampe, disegni e matrici. E una selezione di monete

Un inno al libro, un´ode alla cultura, un omaggio al sapere. La mostra Conoscere la Biblioteca Vaticana (fino al 31 gennaio al Braccio di Carlo Magno) è tutto questo e molto di più: un´esposizione sorprendente e coinvolgente. L´idea di raccontare un patrimonio culturale fra i più ricchi dell´umanità è venuta a Barbara Jatta, responsabile del Gabinetto delle stampe. Grande studiosa, brillante oratrice, durante i tre anni di restauro della Biblioteca terminato a settembre, passando ogni giorno tra gli scaffali impolverati dagli operai e la plastica a coprire tutto quel ben di Dio (è proprio il caso di dirlo), visitando il Salone Sistino pieno di affreschi ma senza vita, parlando con gli studiosi orfani della Leonina, la sala di consultazione tra le più belle del mondo, Jatta si è detta: c´è chi è in lutto perché la biblioteca è chiusa, ma c´è anche chi questo posto non lo conoscerà mai. Così ecco l´idea: riassumere in una mostra un luogo di inusitata bellezza e una storia unica per permettere a tutti di conoscerli.
Si entra dal Braccio di Carlo Magno, in piazza San Pietro, e subito è biblioteca, con la ricostruzione della sala di lettura e la possibilità di sfogliare manoscritti miniati e incunaboli vari, mentre, con le cuffie nelle orecchie, un video ti racconta la passione per la cultura e i libri e i mille segreti della Biblioteca Apostolica Vaticana, che vanta numeri davvero impressionanti: 600mila volumi a stampa, 80mila manoscritti, oltre 8mila incunaboli, 300mila tra monete e medaglie, 150mila tra stampe, disegni e matrici, altrettante fotografie, consultati ogni anno da 20mila persone. Come nella biblioteca di Zafón, però, anche se un microchip all´interno dei volumi consente una immediata localizzazione, ancora si perdono i libri o i manoscritti o, per esempio, gli atti di un esorcismo (è successo): e allora è il libro a trovare te, come accade ad alcuni studiosi che si ritrovano tra le mani le pagine ingiallite di un esorcismo che verrà praticato su una "invasata" romana, affresco vividissimo della Roma di metà Ottocento.
Dopo una sala che espone alcuni capolavori come Il Sutra della ghirlanda fiorita di Buddha, i rotoli magici etiopici, la Divina Commedia con le illustrazioni di Botticelli o, addirittura, il Papiro Bodmer, si passa da un corridoio che, attraverso gigantografie a tutta parete, dona l´impressione di trovarsi all´interno della biblioteca. Al piano superiore, sono molte stampe della ricca collezione in mostra, come la Battaglia degli Ignudi di Antonio del Pollaiolo e Vedute di Roma di Giovanni Battista Piranesi. Sotto una teca di vetro c´è un volume che, come spiega Barbara Jatta, venne donato dal marchese fiorentino Alessandro Capponi alla Biblioteca Vaticana nel 1745-46, che quindi data la realizzazione delle Vedute anteriormente e non, come si è sempre ritenuto, al periodo tra 1747 e 1750. Nell´ultima sala, poi, una sorpresa: due restauratori all´opera in guanti bianchi spiegano tutti i segreti del recupero e della conservazione dei volumi.

martedì 4 gennaio 2011

Vino, simposio e poeti. Così nacque l’alfabeto

La Repubblica 4.1.11
Un saggio di Maria Luisa Catoni sugli effetti sociali del bere nel mondo antico
Vino, simposio e poeti. Così nacque l’alfabeto
di Laura Lilli

Nella pratica conviviale si sperimentavano forme di inclusione e di esclusione. Si mettevano a punto parole e immagini. E in questo ambito fu inventato il sistema dei segni

«Scrivere questo libro è stato come entrare in un laboratorio del pregiudizio, farlo a pezzi, smontarne gli elementi. Ogni volta, è venuto fuori che il pregiudizio nasce dalla paura: così si fanno mille acrobazie per definire se stessi in primo luogo e poi l´altro, o gli altri, come diversi da sé. Oggi in Occidente la paura dell´altro è al culmine, e la ricerca di una pretesa propria identità è ossessiva». Maria Luisa Catoni è una storica di arte antica e archeologia, e insegna al prestigioso Institute for Advanced Studies di Lucca, dove si entra con selezioni severissime. Lei si occupa della sezione Beni culturali, «cercando», dice, «di rispondere alla domanda: cosa serve veramente?».
Il libro in questione è Bere vino puro. Immagini dal simposio (Feltrinelli, pagg. 505, 39 euro), saggio documentatissimo e originale su come bevevano i nostri pretesi progenitori del mondo classico (che il vino puro lo bevevano di rado, e invece lo diluivano con due parti di acqua). Un libro capace di viaggiare nel tempo, arrivando dal simposio ateniese alla geniale invenzione greca dell´alfabeto, e ancora più indietro, alla questione omerica. E, per contro, di venire in avanti verso i nostri tempi leggendo come funziona la paura dell´altro quando tutti si mescolano con tutti gli altri. Non solo: ma le parole si sono svincolate dalle cose, e di simposi (chiamiamoli anche convegni) se ne fanno tanti, ma molti sono solo vaniloquio. Un saggio, infine, fitto di illustrazioni che sono un inno alla sfrenata fantasia greca: "crateri" gremiti di satiri che afferrano altri satiri o baccanti, di cavalieri, di coppieri, di suonatori di cetra o di flauto, di atleti e lottatori, di miti illustrati – come quello di Atena che sbuca dalla testa di Zeus.
Professoressa Catoni, perché il bere insieme è importante nell´antichità classica, e cosa c´entra col pregiudizio e la ricerca di identità propria e altrui?
«Perché è fatto di inclusi ed esclusi. Gli uomini che partecipavano al simposio greco si definivano arbitrariamente "i migliori", ed erano ovviamente "gli inclusi". Parlavano di politica, di eros, di filosofia, e avevano un forte pregiudizio contro chi doveva lavorare per vivere e contro gli stranieri. Senonché, gli oggetti che tenevano in mano – crateri o strumenti musicali, o la coppa per bere – erano fatti da artigiani, uomini considerati dappoco: esclusi. Spesso erano immigrati. Sul simposio noi abbiamo due fonti principali: i canti (cioè le parole) e le immagini. I canti sono fatti dagli inclusi, le immagini dagli esclusi, che a volte però lasciano sul manufatto qualche piccola traccia di sé: una sigla, o una piccola immagine, quasi un ideogramma».
È così che si è giunti a inventare l´alfabeto?
«Forse, almeno in parte. Certo è che questa invenzione – una delle più geniali, un alfabeto di ventidue segni, che inserisce le vocali, grande novità rispetto alla scrittura fenicia sillabica – implica assolutamente una mescolanza. Non a caso dovette avvenire fra l´ottavo e il settimo secolo, quando i traffici fra Greci e levantini erano molto intensi nelle due direzioni, e non si stava tanto lì a chiedersi chi era chi».
Ma perché ci si arrivò?
«Ci sono due risposte, ma nessuna delle due è provata fino in fondo. La prima è commerciale. Data l´enorme quantità di merci trasportate nei vasi, occorreva indicare quantità, proprietà e così via. La seconda è che era diventato necessario annotare la poesia, e non lasciarla solo alla voce degli aedi. Se fosse vero, questo ci condurrebbe al cuore della questione omerica. A testimoniarlo, ci sarebbe la coppa di Nestore, trovata ad Ischia, su cui sono annotati dei versi».
Tornando alla contraddizione inclusi/esclusi, capita anche che gli esclusi siano ammessi al banchetto come mendicanti, no? Penso a Ulisse che, vestito poveramente, va a mendicare a Itaca, al banchetto dei Proci.
«Ottimo esempio di meccanismo inclusione / esclusione, addirittura al quadrato. Infatti a prendersela con Ulisse, finto – ma soprattutto nuovo – mendicante, non sono solo i Proci, che si sono inclusi da sé (non dovrebbero), ma è il mendicante abituale, Imo, timoroso che il nuovo arrivato gli porti via cibo e vino».
I romani bevevano in modo diverso dai greci?
«Sì. Il banchetto romano era gerarchico (i triclini disposti attorno alla mensa centrale in ordine di importanza) ed esibiva il rango del padrone di casa. Il quale non operava esclusioni, anzi invitava degli ospiti di serie b, detti umbrae (ombre), che non avevano il diritto di parlare. Potevano solo mangiare e bere (cibi e vini meno buoni) e stavano a significare la magnificenza dell´ospite. Che, più in alto stava nella scala sociale, più clientes aveva».