Turista per belle biblioteche. Oxford, Dublino, Belfast, Parigi "Luoghi freschi e pieni di amici libri"
LUIGI BOLOGNINI
VENERDÌ, 25 LUGLIO 2008 LA REPUBBLICA - Milano
L´itinerario di vacanza ideale del filosofo Giulio Giorello passa per magnifici scaffali e dotte letture Più qualche passeggiata e una pinta al pub
Hanno i muri spessi per conservare al meglio i volumi e chi li legge. E spesso fuori dalle finestre parchi con scoiattoli
Dove può andare in vacanza uno che vive circondato dai libri? Su un´isola tropicale? In un eremo montano di alta quota? No, tra i libri. E così Giulio Giorello, uno dei più noti filosofi italiani, docente di Filosofia della Scienza alla Statale, non pago di tre stagioni su quattro trascorse a casa e nel suo ufficio all´università tra libri alle pareti, pile di libri sui tavoli e libri da scrivere e da curare in prima persona, vive la bella stagione zingarando da una biblioteca all´altra. Con una netta predilezione per quelle anglosassoni. «Oxford, Dublino, Belfast, ma anche Stoccolma e Parigi. Questa sì che è vita. Anzitutto le biblioteche sono fresche: hanno i muri spessi per conservare i volumi, e chi li legge, meglio che si può. E poi sono posti meravigliosi, dove si apprende sempre qualcosa di nuovo, popolati di gente che ama la cultura».
La sua biblioteca preferita?
«Ho dei ricordi bellissimi della Bodleian Library, di Oxford. C´è un punto dove amo sedermi ed è sotto un affresco che dice "Deus illuminatio mea". Ha 12 milioni di volumi, è la cosa più simile alla Biblioteca di Babele inventata da Borges. Se si guarda fuori dalle finestre c´è un parco con gli scoiattoli che zampettano allegri, e al pub più vicino servono delle eccellenti birre, ovviamente inglesi quindi ale, quelle ad alta fermentazione, complesse e ricche di aromi, le mie preferite. Insomma, quasi il paradiso».
Altre biblioteche?
«Le due irlandesi, quella del Trinity College di Dublino, e quella di linen Hall a Belfast, magnifiche per maestosità e tradizione culturale. Quella della Citè universitaire di Parigi, dove spesso trovo le documentazioni necessarie per i miei libri, quella di Stoccolma. Tante, tante davvero».
Come mai sceglie i libri anche d´estate?
«Per due motivi. Il primo è che certi libri sono meglio di certi uomini. Il secondo è che io non concepisco il riposo come inerzia, per me deve esserci comunque movimento, del corpo e della mente. Non riesco a concepire una vacanza vacanza, così come non riesco mai a staccare davvero».
Avrà fatto qualche vacanza di tutto riposo, almeno da piccolo, no?
«Certo. Quando ero bambino avevamo una casa di campagna nella alta Val Bormida. Mi pareva un palazzo incantato, aveva anche gli affreschi alle pareti, era ben diverso dal trilocale dove abitavo a Milano. Vacanze bellissime, a parte una intorno ai 10 anni in cui in pochi giorni mi infilzai un chiodo a pochi millimetri da un occhio, mi venne la pertosse e morì il mio cane. Poi a Bormio, le cosiddette vacanze igieniche, per respirare l´aria buona. Ma non mi piaceva: era un paese pieno di turisti borghesotti arricchiti, dove sentivo cantare Giovinezza un po´ troppe volte per i miei gusti».
Libri a parte come sceglie dove andare?
«Mi faccio guidare dal caso e dalle esigenze del momento. Mi è anche capitato di passare l´estate a Milano, per lavorare».
E com´è? Tutti lodano la città in questa stagione, dicono che diventa bella e vivibile.
«Io no. O meglio, dico che è meno peggio del previsto. Ma l´ho sempre fatto per motivi pratici e non certo estetici, dovevo completare un libro di meccanica quantistica. Oltretutto io non guido, quindi che ci sia il parcheggio facile non mi importa un fico secco. Comunque un grande evviva ai ristoranti di cucina araba e nordafricana, che sono sempre aperti, ti fanno mangiare bene e ti trattano in modo civile, cosa che non sempre capita. Io ne ho due dove mi rifugio d´estate, si chiamo Le arcate e I Mori, nella mia zona, città studi».
Ma quindi Milano d´estate proprio non le piace?
«Mettiamola così, quando uno alza gli occhi al cielo estivo della città e vede la luna rossastra e il cielo nero, ecco, quello per me è un momento struggente. Nel senso che mi struggo dalla voglia di essere altrove».
LUIGI BOLOGNINI
VENERDÌ, 25 LUGLIO 2008 LA REPUBBLICA - Milano
L´itinerario di vacanza ideale del filosofo Giulio Giorello passa per magnifici scaffali e dotte letture Più qualche passeggiata e una pinta al pub
Hanno i muri spessi per conservare al meglio i volumi e chi li legge. E spesso fuori dalle finestre parchi con scoiattoli
Dove può andare in vacanza uno che vive circondato dai libri? Su un´isola tropicale? In un eremo montano di alta quota? No, tra i libri. E così Giulio Giorello, uno dei più noti filosofi italiani, docente di Filosofia della Scienza alla Statale, non pago di tre stagioni su quattro trascorse a casa e nel suo ufficio all´università tra libri alle pareti, pile di libri sui tavoli e libri da scrivere e da curare in prima persona, vive la bella stagione zingarando da una biblioteca all´altra. Con una netta predilezione per quelle anglosassoni. «Oxford, Dublino, Belfast, ma anche Stoccolma e Parigi. Questa sì che è vita. Anzitutto le biblioteche sono fresche: hanno i muri spessi per conservare i volumi, e chi li legge, meglio che si può. E poi sono posti meravigliosi, dove si apprende sempre qualcosa di nuovo, popolati di gente che ama la cultura».
La sua biblioteca preferita?
«Ho dei ricordi bellissimi della Bodleian Library, di Oxford. C´è un punto dove amo sedermi ed è sotto un affresco che dice "Deus illuminatio mea". Ha 12 milioni di volumi, è la cosa più simile alla Biblioteca di Babele inventata da Borges. Se si guarda fuori dalle finestre c´è un parco con gli scoiattoli che zampettano allegri, e al pub più vicino servono delle eccellenti birre, ovviamente inglesi quindi ale, quelle ad alta fermentazione, complesse e ricche di aromi, le mie preferite. Insomma, quasi il paradiso».
Altre biblioteche?
«Le due irlandesi, quella del Trinity College di Dublino, e quella di linen Hall a Belfast, magnifiche per maestosità e tradizione culturale. Quella della Citè universitaire di Parigi, dove spesso trovo le documentazioni necessarie per i miei libri, quella di Stoccolma. Tante, tante davvero».
Come mai sceglie i libri anche d´estate?
«Per due motivi. Il primo è che certi libri sono meglio di certi uomini. Il secondo è che io non concepisco il riposo come inerzia, per me deve esserci comunque movimento, del corpo e della mente. Non riesco a concepire una vacanza vacanza, così come non riesco mai a staccare davvero».
Avrà fatto qualche vacanza di tutto riposo, almeno da piccolo, no?
«Certo. Quando ero bambino avevamo una casa di campagna nella alta Val Bormida. Mi pareva un palazzo incantato, aveva anche gli affreschi alle pareti, era ben diverso dal trilocale dove abitavo a Milano. Vacanze bellissime, a parte una intorno ai 10 anni in cui in pochi giorni mi infilzai un chiodo a pochi millimetri da un occhio, mi venne la pertosse e morì il mio cane. Poi a Bormio, le cosiddette vacanze igieniche, per respirare l´aria buona. Ma non mi piaceva: era un paese pieno di turisti borghesotti arricchiti, dove sentivo cantare Giovinezza un po´ troppe volte per i miei gusti».
Libri a parte come sceglie dove andare?
«Mi faccio guidare dal caso e dalle esigenze del momento. Mi è anche capitato di passare l´estate a Milano, per lavorare».
E com´è? Tutti lodano la città in questa stagione, dicono che diventa bella e vivibile.
«Io no. O meglio, dico che è meno peggio del previsto. Ma l´ho sempre fatto per motivi pratici e non certo estetici, dovevo completare un libro di meccanica quantistica. Oltretutto io non guido, quindi che ci sia il parcheggio facile non mi importa un fico secco. Comunque un grande evviva ai ristoranti di cucina araba e nordafricana, che sono sempre aperti, ti fanno mangiare bene e ti trattano in modo civile, cosa che non sempre capita. Io ne ho due dove mi rifugio d´estate, si chiamo Le arcate e I Mori, nella mia zona, città studi».
Ma quindi Milano d´estate proprio non le piace?
«Mettiamola così, quando uno alza gli occhi al cielo estivo della città e vede la luna rossastra e il cielo nero, ecco, quello per me è un momento struggente. Nel senso che mi struggo dalla voglia di essere altrove».